giovedì 9 settembre 2021
Il campus di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali è situato nel cuore della Pianura Padana Il preside Trevisan: «Fedeltà alla tradizione e apertura globale per un metodo interdisciplinare»
Le nuove frontiere sono rappresentate dal coinvolgimento  dei cittadini e dalla comprensione della componente psicologica. L’obiettivo da conseguire? Cibo di qualità per tutti, a condizioni più eque

Le nuove frontiere sono rappresentate dal coinvolgimento dei cittadini e dalla comprensione della componente psicologica. L’obiettivo da conseguire? Cibo di qualità per tutti, a condizioni più eque

COMMENTA E CONDIVIDI

Riprende il nostro cammino tra le Facoltà dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione del centenario della fondazione dell’ateneo. Dopo la pausa estiva, la settima tappa del percorso riguarda la Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali, che è presente nelle sedi di Piacenza e di Cremona. A quasi settant’anni dall’avvio dei corsi, questa Facoltà rappresenta un punto di riferimento assoluto, riconosciuto a livello internazionale per gli avanzamenti nel campo della ricerca scientifica oltre che per la qualità e l’innovazione delle attività didattiche. Tra le caratteristiche salienti, la forte dimensione internazionale e l’attenzione ai princìpi di sostenibilità e giustizia applicati allo sviluppo.


Mezzo secolo fa l’America era già arrivata qui, nel West padano a ridosso della Via Emilia. Lo può testimoniare Lorenzo Morelli, che della Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica è stato preside fino al 2016: «Era il 1973, appena entrato dalla porta a vetri della sede di Piacenza mi sono imbattuto in due professori che parlavano in inglese con un ospite – racconta –. Mi sembrava di essere finito negli Stati Uniti». «Se è per questo – gli fa eco il suo attuale successore, Marco Trevisan – ricordo bene la mattina del 1985 in cui il responsabile del dipartimento ci annunciò che, da quel momento in poi, ci saremmo occupati di sostenibilità.

Nell’85, ripeto, non nel 2015». Sarà anche per questo che nel grande campus dislocato tra la sede storica di Piacenza e il nuovissimo insediamento di Cremona (realizzato con il fondamentale contributo della Fondazione Arvedi-Buschini) l’innovazione è di casa e le lauree in lingua inglese abbondano. «Ma all’origine di tutto – sottolinea Trevisan – rimane la spinta del territorio, che costituisce il più vasto distretto italiano dell’agroalimentare. A Piacenza, in quella che ancora non chiamavamo Food Valley, fu inaugurata nel 1953 la Facoltà di Agraria della Cattolica. Che veniva incontro a un’esigenza locale e, nello stesso tempo, già richiamava studenti da tutto il Paese. Una capacità di attrazione che, nel corso del tempo, da nazionale si è fatta sempre più internazionale, anche attraverso i progetti attivi in diversi Paesi africani e in India. Decisiva, negli ultimi anni, si è dimostrata la laurea triennale in lingua inglese Food Production Management, che insiste sugli elementi di sostenibilità, qualità del prodotto alimentare e tutela ambientale».


Strettamente legata alle caratteristiche del territorio, la Facoltà offre numerosi corsi in lingua inglese.
Ma la vera sfida sta nel riconoscere la responsabilità dei consumatori nell’ambito dell’intera filiera

Un’ulteriore conferma viene da Stefano Poni, grande esperto in materia di cambiamenti climatici. «Venit, il nuovo master di viticoltura ed enologia in lingua inglese, è frequentato al 95% da stranieri, la metà dei quali provenienti dagli Usa – dice –. Si resta sorpresi dall’entusiasmo di alcuni piccoli imprenditori della Napa Valley californiana, che si rivolgono a noi per affinare le tecniche dell’agricoltura di precisione. Un vigneto è un sistema estremamente complesso, nel quale intervengono moltissime variabili. La vendemmia selettiva, nello specifico, è una pratica sempre più diffusa e sempre più efficace».
La concretezza è l’elemento più caratteristico di una Facoltà che nel corso dei decenni ha ampliato e precisato la propria offerta. «Si va dal campo alla tavola – sintetizza il preside Trevisan, che tra i vari insegnamenti ricopre anche quello di Chimica e biochimica delle produzioni primarie –. Ma per ottenere questo obiettivo occorre sviluppare una visione d’insieme che non si limita all’internazionalizzazione, pur indispensabile. C’è bisogno di una relazione molto stretta con le aziende, sempre più coinvolte nei processi didattici e sempre più interessate ai nostri laureati, il 95% dei quali trova lavoro appena uscito dall’università e a volte perfino prima. Non meno impellente è l’acquisizione di un metodo interdisciplinare. A Piacenza e Cremona svolge le sue attività anche la Facoltà di Economia e Giurisprudenza, con la quale la collaborazione è molto stretta e molto proficua. Questo ci permette di accedere a finanziamenti molto cospicui, che nel 2020 si sono assestati su un totale di 20 milioni di euro».

Come modello di interdisciplinarietà va segnalata la cattedra Psicologia dei consumi, di cui è titolare Guendalina Graffigna. «Contrariamente a quel che si potrebbe pensare – spiega – non si tratta di una declinazione delle tecniche di marketing. Il nostro obiettivo non consiste nel convincere qualcuno a comprare qualcosa, ma nel comprendere perché qualcosa viene comprato da qualcuno. Le vicende della pandemia hanno drammaticamente ribadito l’importanza della psicologia della quotidianità, ma l’orizzonte è ancora più articolato. Investe la riconsiderazione delle cognizioni scientifiche intese come elemento di cittadinanza, indaga gli stili di vita e, più che altro, fa del consumatore un attore della filiera, con responsabilità ben delineate anche per quanto riguarda l’innovazione».

Passato, presente e futuro in tre numeri


1953

È l’anno di fondazione della Facoltà, la cui sede è stabilita a Piacenza. Nel 1984 vengono attivati i corsi a Cremona

884

Gli studenti attualmente iscritti presso entrambe le sedi (dati aggiornati a giugno 2021)

10
I centri di ricerca: analisi geospaziale e telerilevamento, produzioni lattierocasearie sostenibili, biodiversità e Dna antico, riferimento agro-alimentare, agricoltura sostenibile, nutrigenomica e proteomica, filiere suinicole, biochimica e nutrizione dello sport, coinvolgimento dei consumatori, mercato dei prodotti zootecnici

«Posso dirlo con franchezza? – interviene Morelli – L’obiettivo non è la decrescita felice, ma l’aumento e il rafforzamento di capacità produttive che non compromettano l’ambiente Più cibo di qualità a prezzi competitivi e in condizioni di sostenibilità, ecco la vera sfida dei prossimi decenni. Ma per questo dobbiamo investire sempre di più in ricerca, a volte recuperando pratiche del passato, come l’utilizzo di concimi animali, a volte inventando procedure nuove, come il dispositivo che stiamo mettendo a punto e che permetterà di ricavare energia dagli scarti della lavorazione dei formaggi».

Comune a tutta la Facoltà, questa prospettiva è particolarmente accentuata nella laurea magistrale in Livestock and Agro-Green Innovation, nuovo corso in lingua inglese al via in questi giorni nella sede di Cremona. «Ci occupiamo di bestiame e di agricoltura – sottolinea il genetista Paolo Ajmone Marsan – nella consapevolezza che la domanda di prodotti alimentari è destinata a crescere e che il benessere del futuro dipende dal giusto equilibrio tra maggior efficienza e minor impatto ambientale. In questo settore la circolarità rappresenta un traguardo tutt’altro che irraggiungibile, che però richiede un investimento costante in innovazione. Anche per questo abbiamo stretto rapporti con il Politecnico di Milano, presso la cui sede di Cremona sarà possibile conseguire una laurea congiunta in Agricultural Engineering».

Coltivazione, trasformazione, consumo. All’appello sembrerebbe mancare la componente della ristorazione. In realtà a occuparsene c’è Ettore Capri, che trasferisce nei suoi insegnamenti una lunga esperienza maturata all’interno delle istituzioni europee. «La sostenibilità interessa tutte le fasi del processo agroalimentare – ribadisce – ma per qualche strana ragione si tende a sottovalutare il ruolo dei ristoratori, che si trovano invece in una posizione cruciale. Sono in contatto diretto con i consumatori, possono influire sui loro comportamenti innescando una serie di vantaggi reciproci, di cui abbiamo avuto percezione anche durante l’emergenza sanitaria. Chi aveva più puntato su qualità e trasparenza ha affrontato meglio la crisi. Ma sarebbe sbagliato pensare che tutto questo riguardi solo i ristoranti oppure i grandi gruppi, peraltro molto sensibili al tema. Alcuni dei nostri studenti svolgono il loro stage presso la Caritas di Cremona, che ha avvertito l’esigenza di eliminare gli sprechi derivanti dalla distribuzione degli aiuti alimentari». In Facoltà si parla inglese, insomma, ma il cuore resta italiano.


TUTTA LA SERIE SUL CENTENARIO DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI