Gandolfa "Ghendy" Ilarda - .
Il sorriso di Ghendy riluce nelle parole che, loro malgrado, lo commemorano. La poderosa ondata di affetto che si è sollevata per l’addio di Gandolfa Ilarda, quarantacinque anni, catechista della parrocchia di Santa Teresa del Bambin Gesù, a Palermo, non accenna a diminuire, dopo la morte causata da un incidente stradale, il 17 maggio: è stata investita da un’auto. Perché Ghendy, così la chiamavano con una tenerezza che già racconta quanta prossimità ci fosse con molte vite, era una catechista amatissima. Una persona che guidava i più piccoli, via via che diventavano grandi, in quella parrocchia di via Parlatore, luogo di confine tra il benessere e l’ombra del disagio, salita alla ribalta della cronaca per la controversia tra residenti e oratorio sugli orari da ripartire tra quiete e gioco.
Alla fine, i giudici del tribunale civile di Palermo hanno stabilito, con qualche paletto concreto, che il gioco e l’infanzia sono intoccabili. Qui, un pallone “super santos” calciato da un piede di bambino rappresenta un genere di prima necessità. Ghendy era uno degli specchi in cui si riflette il motu proprio di papa Francesco che istituisce il ministero di catechista: «Anche ai nostri giorni, tanti catechisti capaci e tenaci sono a capo di comunità in diverse regioni e svolgono una missione insostituibile nella trasmissione e nell’approfondimento della fede. La lunga schiera di beati, santi e martiri catechisti ha segnato la missione della Chiesa che merita di essere conosciuta perché costituisce una feconda sorgente non solo per la catechesi, ma per l’intera storia della spiritualità cristiana». Era la pagina bianca su cui sono state scritte le parole del Pontefice che esaltano l’abnegazione di tanti militi ignoti del bene.
Ecco perché le sue esequie, celebrate nel suo stesso oratorio dal parroco, don Roberto Ciulla, sono state riempite da una moltitudine di occhi lucidi. E qualcuno ha sussurrato: «Sarai la nostra catechista per sempre». Al tempo stesso, nel memoriale dei social fiorisce un rinnovato abbraccio ogni giorno.
Ha scritto Giuseppe Marinaro: «Questa eterna ragazza che si è dedicata da sempre ai bimbi e ai giovanissimi della parrocchia di Santa Teresa. “Eletta” sorella e mamma da tanti, aveva “adottato” tutti, piccoli e grandi, religiosi e laici. Animatrice dell’Azione cattolica, responsabile della catechesi, generosa e dotata di una ironia e di un’autoironia irresistibili, di una leggerezza nel trasmettere la bellezza della vita e dell’essenza della fede, che sono innanzitutto esperienza di fraternità, accoglienza senza limiti e condivisione». E rammenta, Giuseppe, che in uno dei suoi messaggi social, Ghendy aveva ricordato, ancora una volta, le parole pasquali di papa Francesco: «È possibile ricominciare sempre, perché sempre c’è una vita nuova che Dio è capace di far ripartire in noi al di là di tutti i nostri fallimenti. Anche dalle macerie del nostro cuore Dio può costruire un’opera d’arte».
Il sorriso di Ghendy, la luce che rimane impigliata nelle parole del commiato, racconta quella speranza, con infinita dolcezza.