Papa Francesco con il prelato dell’Opus Dei, Fernando Ocáriz - Ansa/Osservatore Romano
A partire dal prossimo 4 agosto il dicastero di riferimento, nella Curia romana, per la prelatura personale dell’Opus Dei non sarà più quello per i Vescovi, ma quello per il Clero. Così come del resto aveva stabilito la costituzione apostolica Praedicate Evangelium all’articolo 117. Inoltre d’ora in poi il prelato dell’Opus Dei non sarà più nominato vescovo, ma sarà un sacerdote, cui spetterà il titolo di Protonotario apostolico soprannumerario e che verrà chiamato reverendo monsignore. Lo ha disposto un motu proprio di papa Francesco, promulgato ieri e intitolato Ad charisma tuendum.
Quarant’anni dopo la Costituzione apostolica di san Giovanni Paolo II Ut sit, che erigeva la Prelatura dell’Opus Dei, cambiano dunque alcune regole. E la ratio del provvedimento papale, viene spiegato, è quello di «rafforzare la convinzione che, per la tutela del dono peculiare dello Spirito, occorre una forma di governo fondata più sul carisma che sull’autorità gerarchica». In pratica, afferma il motu proprio, «si intende confermare la Prelatura dell’Opus Dei nell’ambito autenticamente carismatico della Chiesa, specificando la sua organizzazione in sintonia alla testimonianza del Fondatore, san Josemaría Escrivá de Balaguer, e agli insegnamenti dell’ecclesiologia conciliare circa le Prelature personali».
La reazione dell’Opus Dei non si è fatta attendere. Accettazione filiale delle decisioni di Francesco, scrive in una lettera inviata ai membri della Prelatura, il prelato monsignor Fernando Ocáriz. Innanzitutto una esortazione: questo cambiamento «risuoni con forza in ciascuna e in ciascuno» – scrive il sacerdote – come un’«occasione per capire in profondità lo spirito che il Signore infuse nel nostro fondatore e per condividerlo con molte persone nell’ambiente familiare, professionale e sociale».
Per quanto poi riguarda l’avvenire della figura del prelato, monsignor Ocáriz - pur ringraziando «per i frutti di comunione ecclesiale» che ha rappresentato l’episcopato del beato Álvaro del Portillo (morto nel 1994) e di don Javier Echevarría (deceduto nel 2016) – riconosce nella lettera che «l’ordinazione episcopale del prelato non era e non è necessaria per guidare l’Opus Dei. La volontà del Papa di sottolineare adesso la dimensione carismatica dell’Opera ci invita a rinforzare l’ambiente di famiglia, di affetto e fiducia: il prelato deve essere guida, ma, anzitutto, padre».
La Prelatura ha diffuso ieri anche un documento composto da otto domande e altrettante risposte, in cui viene spiegata la scelta di papa Francesco. In particolare, soffermandosi sul rapporto tra carisma e gerarchia si sottolinea «che il governo dell’Opus Dei deve stare al servizio del carisma - di cui siamo amministratori, e non proprietari - affinché esso cresca e dia frutti, con la fede che è Dio colui che opera tutto in tutti».
La figura giuridica della prelatura personale, introdotta dal Concilio, raggruppa sacerdoti e fedeli in base a un criterio unificante. Per l’Opus Dei si tratta appunto del carisma del fondatore che consiste nel diffondere l’ideale della santità nel mondo, nel lavoro professionale e nelle circostanze ordinarie.