Sondaggio della diocesi di Milano sulle relazioni fra generazioni in famiglia. Resiste uno zoccolo duro di mamme, nonne e nonni, oltre il 90%, che va regolarmente a Messa. I papà? superano di poco il 70%
Il ruolo dei nonni nella trasmissione della fede cristiana? È prezioso. E fecondo. Secondo un sondaggio realizzato per conto del Servizio per la Famiglia della diocesi di Milano, più del 60% dei nonni affianca quanto fanno i genitori nella trasmissione della fede ai nipoti. A rispondere così, più precisamente, è il 61,96% dei genitori e il 69,01% dei nonni intervistati. Ma non c’è solo l’affiancamento. Il 12,62% dei nonni risponde di «farsene carico perché i genitori non lo fanno» (opzione scelta solo dall’1,08% dei genitori) e un altro 3,76% dice di farlo «su "mandato" dei genitori». Mentre il 14,90% dei genitori sostiene come il ruolo dei nonni nella trasmissione della fede sia «inesistente perché non ritengono necessario farsene carico». I più coinvolti? I nonni materni. Affianca i genitori nella trasmissione della fede – secondo le risposte dei genitori stessi – il 74,71% dei nonni materni e il 49,21% dei nonni paterni. Sono, questi, alcuni risultati della ricerca curata dal professor Marco Astuti e da lui stesso presentata al convegno diocesano Nipoti, genitori e nonni: relazioni su cui si gioca il futuro, svoltosi nel pomeriggio di sabato 2 ottobre nel Salone Pio XII di via Sant’Antonio, a Milano.
Il convegno, organizzato dalla Pastorale familiare diocesana col Movimento Terza Età, l’Associazione Nonni 2.0 e Adulti Più dell’Azione Cattolica Ambrosiana, si è offerto come occasione per riflettere sulle relazioni all’interno della famiglia «allargata» che include almeno tre generazioni. Un soggetto costretto a confrontarsi con uno scenario sociale e culturale sfavorevole, reso ancora più drammatico dall’emergenza Covid, mentre proprio il tempo di pandemia ha confermato la famiglia come risorsa decisiva per la tenuta del tessuto sociale. Hanno portato il loro contributo l’arcivescovo di Milano Mario Delpini e il suo predecessore Angelo Scola oltre alla sociologa Giovanna Rossi e alla neuropsichiatra infantile Mariolina Ceriotti Migliarese. L’incontro si è svolto nella festa dei Santi Angeli Custodi, il 2 ottobre: che dal 2005, in Italia, è festa (civile) dei nonni.
Il sondaggio (in www.chiesadimilano.it il testo integrale del rapporto) restituisce una fotografia delle relazioni nelle famiglie in diocesi di Milano "scattata" grazie ai 530 questionari compilati dai nonni e ai 321 arrivati dai genitori. Dalle valutazioni dei primi come dei secondi, la qualità delle relazioni con i nipoti è decisamente positiva. La relazione con i nonni materni appare di maggiore intensità rispetto a quella con i nonni paterni. Prendersi cura dei nipoti quando i genitori sono assenti e animare i loro giochi sono gli «interventi» più frequenti. Non mancano gli aspetti critici – valutati in modo diverso da nonni e genitori – come l’«eccessiva permissività» dei nonni o la loro «ingerenza nel rapporto educativo».
Venendo infine alla trasmissione della fede in famiglia: è interessante notare come resista uno "zoccolo duro" di mamme, nonne e nonni, oltre il 90%, che va regolarmente a Messa almeno la domenica (mentre i papà superano di poco il 70%). «Ma soprattutto fa pensare la percentuale assolutamente non trascurabile di chi non partecipa mai alla Messa – annota Astuti –. Si va dall’1,9% delle nonne al 10,4% dei papà». Un dato «particolarmente significativo» perché «nasce dalla risposta dei diretti interessati» e «chi risponde è stato raggiunto, anche se indirettamente, dai canali della Pastorale familiare». Riguardo al ruolo nell’avviare i nipoti alla frequenza della Messa domenicale e, in generale, nella loro iniziazione alla fede: il 72,42% dei nonni materni e l’81,46% dei nonni paterni ha risposto «non interveniamo perché ci pensano i genitori»; il 14,85% dei primi e il 9.06% dei secondi ha risposto «se i nipoti non partecipano interveniamo sui genitori aiutandoli ad occuparsene». E solo il 4,55% dei primi e il 3,26% dei secondi ha detto: «non è un argomento che ci riguarda».
Delpini: «La nostra città? Malata di solitudine»
«Il futuro non sarà frutto di programmazione economica o di competenze sanitarie più approfondite e avvedute, di cui pure abbiamo bisogno. Piuttosto: noi potremo generare futuro se costruiremo relazioni basate sull’amore reciproco. Che è l’amore che rende capaci di amare: noi stessi e le persone amate». Così l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha concluso l’intervento al convegno diocesano di Pastorale familiare Nipoti, genitori e nonni: relazioni su cui si gioca il futuro. Il presule ha ricordato come esistano «parole solitarie» e «parole di relazione». Le prime – parole come io, noi, utilizzate per rivendicare autoreferenzialità e arbitrio – non dicono «la libertà, ma la solitudine, non dicono una conquista di civiltà ma sono il sintomo di una malattia. Si deve riconoscere con franchezza che la nostra città è malata di solitudine – ha affermato Delpini –. Questa malattia – che l’emergenza Covid ha reso più drammatica – è una pandemia che insidia la nostra società e il nostro futuro. Questa società rischia di essere malata di disperazione, che nasce dalla rassegnazione al morire in solitudine. La speranza della vita eterna è diventata una fantasia poco affidabile: nella sensibilità contemporanea, il desiderio della vita eterna non c’è». E poi: «questa società non vuole più i bambini, la crisi demografica è un problema che tocca tutti. E una società non ha più futuro, se non ha bambini. A Milano tante persone trovano, nell’avere un cane, un palliativo alla solitudine. Ma i cani non danno futuro alle famiglie».
Ci sono inoltre «le parole di relazione. Come nipoti, genitori, nonni. Che non sono sempre ineccepibili: anche le relazioni – ha annotato il presule – possono ammalarsi di risentimento, odio, violenza. Che possono togliere futuro alla convivenza». Ecco, allora, l’invito di Delpini – rilanciando un tema della proposta pastorale 2021-2022 Unita, libera, lieta. La grazia e la responsabilità di essere Chiesa – ad approfondire la dimensione dell’«amore reciproco», quell’«amatevi gli uni gli altri» sul quale «Gesù insiste tanto». Non c’è, infatti, solo «l’amore erotico, che contiene l’insidia della strumentalizzazione e del possesso», né solo «l’amore di benevolenza, che è agape, dono gratuito, il modo di amare di Dio»: c’è anche «l’amore che rende capaci di amare e ci rende migliori. Qui rientra l’amore educativo, quella dedizione che fa crescere le persone perché imparino a essere libere, ad amare, a donarsi». Su queste basi la relazione d’amore tra nipoti, genitori e nonni saprà «generare futuro».
Scola ai nonni: educatori, non solo babysitter
«Senza mai prevaricare sui genitori, sappiate investire di una proposta educativa la vostra funzione di babysitteraggio», ha suggerito ai nonni l’arcivescovo emerito di Milano, il cardinale Angelo Scola, in una videointervista trasmessa al termine del convegno. «Aiutate i bambini a capire che la vita non cammina se non c’è un perché e un per Chi». Ecco: i nonni possono aiutare i nipoti a innestarsi in una «tradizione» di fede, cultura, umanità, ad accostarsi a valori e ad esperienze fondamentali come «la gioia, il dolore, la morte, il senso del lavoro come bene gratuito».