Il catafalco con il corpo di Benedetto XV (morto nel 1922) esposto ai fedeli
Il cardinale Ratzinger, dopo la sua elezione al pontificato, avvenuta il 19 aprile 2005, scelse il nome di Benedetto in onore, come è noto, all’amato patriarca del monachesimo occidentale (solo qualche settimana prima, l’1 aprile 2005, aveva ricevuto a Subiaco un premio intitolato a San Benedetto), ma anche richiamandosi idealmente al suo predecessore Benedetto XV. L’ultimo Pontefice del Novecento che aveva assunto, nel 1914, il nome di Benedetto, il cardinale Giacomo Della Chiesa, impegnò la sua opera e il suo magistero nel perseguimento della pace in un’epoca travagliata dalla prima guerra mondiale e dalle sue terribili conseguenze. Papa Ratzinger avrebbe confidato in seguito di aver scelto il nome di questo suo predecessore, anche perché, in ragione della sua età (nato nel 1927, aveva compiuto 78 anni tre giorni prima della sua elezione al soglio pontificio), come quello di Benedetto XV, credeva che pure il suo non sarebbe stato un pontificato lungo.
La durata dei due pontificati è stata effettivamente quasi identica in quanto Benedetto XV regnò per sette anni e quattro mesi e Benedetto XVI fu Papa solo per qualche mese in più, ponendo termine, con la sorprendente e inattesarinuncia al ministero del febbraio 2013, al suo pontificato che non raggiunse il compimento dell’ottavo anno. Benedetto XV morì nel 1922, esattamente cento anni prima del Papa emerito Benedetto XVI, venuto a mancare nell’ultimo giorno del 2022.
Anche le fredde e umide giornate del gennaio del ‘22, (il Pontefice era scomparso alla fine di quel mese) videro una folla numerosa accalcarsi in piazza San Pietro per visitare la salma del Papa composta, com’è tradizione secolare, all’interno della Basilica vaticana. Se oggi, grazie alle eccezionali potenzialità dei mezzi di comunicazione, abbiamo avuto un resoconto diretto e immediato dell’omaggio che la gente ha reso, con flusso costante, al Papa emerito, sulle giornate del gennaio di un secolo fa possediamo una diretta e toccante testimonianza, che assume un valore ancor più altamente simbolico in quanto scritta dal giovane Giovanni Battista Montini, allora sacerdote da meno di due anni, che, trovandosi a Roma per motivi di studio, raccontò il tributo reso a Benedetto XV, di cui, quarant’anni dopo, sarebbe divenuto il quarto successore. Il sacerdote bresciano provò un comprensibile turbamento alla notizia della morte del Papa, che aveva conosciuto personalmente e da cui, insieme ai suoi compagni della Pontificia Accademia dei Nobili ecclesiastici, era stato ricevuto il mese prima in udienza. Le pagine scritte in quei giorni da Montini non sono solo il singolarissimo racconto - narrato da colui che sarebbe diventato a sua volta Pontefice dell’omaggio compiuto da fedeli e pellegrini alla salma di quel papa Benedetto, ma ci offrono il valore di una intensa e suggestiva meditazione che il giovane sacerdote compì sul valore e sul più intimo significato che il pontificato riveste per tutti i credenti.
Alla vigilia della perdita di Benedetto XV anche Montini, come tanti romani, si recò in San Pietro a pregare per il Papa morente «perché a San Pietro ci si va a pregare quando la preghiera sembra diventare gigantesca come le mura del tempio. In Vaticano regna un silenzio che ascolta forse gli ultimi battiti del cuore del Papa», e «le campane di Roma si lamentano, mentre ogni chiesa prega; è Pietro che veglia, mentre Simone dorme». Il giorno dopo la morte di Benedetto XV, Montini, mosso dalla « pietà per il Padre scomparso » si recò nella Basilica di San Pietro dove, «fra canti d’infinita dolcezza», il corteo funebre aveva deposto la salma del Pontefice, mentre la folla cominciava ad accorrere da tante parti verso la Basilica («non è manco possibile pensare a prendere un tram» spiegava, in quella circostanza, ai suoi familiari). Il clima piovoso di quel gennaio non fermò la gente, tanto che piazza San Pietro divenne ben presto «un esercito d’ombrelli, gregge nero accalcato, ammonticchiato contro i cordoni della truppa che divide in due sezioni la Piazza perché la ressa sia meno disordinata ».
I numerosi fedeli che volevano salutare il Papa defunto sembravano rappresentare, agli occhi di Montini, il simbolo di tutta l’umanità credente: «C’è tra la gente qualche viso pacato di forestiero, qualche velo sdrucito di monaca; il resto è popolo, è Roma, (…) popolo che nell’incalzante pressione verso le soglie del grande cenacolo dell’umanità sembra alle spalle premuto da popoli lontani, oltre l’agro, oltre le Alpi, oltre l’Oceano». Il futuro Paolo VI, mischiato a questa moltitudine accalcata, sfilò lentamente attraverso la navata della Basilica, dove «i soldati tengono a stento la fila anche nel tempio, che qualcuno desidererebbe fosse, per amor delle proprie costole, un pochino, solo un pochino più vasto».
Giunti dinanzi a Benedetto XV, a cui «un’unica maestà è rimasta, quella della morte», «la curiosità si risolve in un indefinito senso di tristezza: - Il Papa, eccolo! ». Ma la morte di chi è stato Papa, e in quanto tale anche «testimonio dell’al di là», appariva a colui che sarebbe diventato a sua volta Papa, come una «una morte simbolica »; e pure il popolo che «contempla e non si sazia», sfilando davanti alla salma del Pontefice «pare voglia spiare attraverso le palpebre chiuse un qualche raggio nascosto dell’alba eterna; guarda e pensa lontano». Giungendo innanzi al corpo di Benedetto XV, la gente «neppure prega»osservava acutamente Montini- «perché crede che la preghiera sia già consumata in un trionfo; e passa e non parla più, quasi per non svegliare il Dormente», chiedendosi in cuore « Pietro perché dormi?» Anche nella morte di un Papa dunque, per il futuro Paolo VI, si manifesta un trionfo della fede per il popolo credente che contempla il Pontefice defunto con la «certezza di saperlo vegliante e orante», testimone «perenne di Pietro che muore e risuscita, che muore sapendo di non morire, ma di essere partorito a una vita immensamente più intensa come più grande è la paternità di Dio Padre al confronto d’ogni paternità umana».
Nell’omaggio riverente della moltitudine accorsa in San Pietro «l’invisibile sovrumano sfiora la coscienza dei più», ma nemmeno il dover andare, scorrendo e abbandonando la salma del Papa, recava un sentimento di tristezza, perché scriveva Montini rivolgendosi direttamente al Papa scomparso- «ecco, Padre, noi ti lasciamo, ma non orfani perché la tua Paternità veniva da Dio e tu ce l’hai avvicinata questa divina generazione tante volte colla tua benedizione». Era invece un sentimento di estrema «tenerezza » quello che pervase l’animo del giovane Montini mentre, lasciando la basilica e guardando ancora, un’ultima volta, nella penombra, la spoglia del papa Benedetto implorava per lui, in un commosso saluto, la benedizione racchiusa nel suo nome: «Che tu sia Benedetto!».
Le medesime emozioni, descritte da Montini nel gennaio di cento anni fa, hanno probabilmente riempito gli animi della folla molteplice che, in maniera continua e incessante è giunta a rendere l’estremo saluto a un altro Papa Benedetto, il Papa emerito Ratzinger, l’«insigne maestro di teologia» posto proprio da Montini alla guida dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, e a cui Paolo VI, nel suo ultimo concistoro, il 27 giugno del 1977, volle conferire la porpora cardinalizia, (e con Joseph Ratzinger scompare anche l’ultimo dei cardinali creati da Paolo VI). Il popolo accorso a omaggiare il papa Benedetto, oggi come un secolo prima, conferma al credente ciò che papa Francesco ha ricordato ai pellegrini nell’ultimo giorno di esposizione della salma del suo predecessore: «Chi crede non è mai solo. Chi ha Dio come Padre ha molti fratelli e sorelle» e in questi giorni «sperimentiamo in modo particolare quanto questa comunità di fede sia universale e che non finisce neanche con la morte».