Il dialogo interreligioso è «necessario per la stessa fede cristiana», la quale «probabilmente è ai primordi, come sosteneva von Balthasar». Che il cristiano trovi nel dialogo con le altre fedi «uno strumento per approfondire la conoscenza di Dio» e non un semplice strumento di convivenza pacifica è convinto don Cristiano Bettega: prendendo la parola subito dopo la lectio divina, guidata dall’archimandrita del Patriarcato di Costantinopoli, padre Paolo Patricolo, il direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei, ha spiegato che oggi «ci si ostina a considerare la pluralità di popoli in Italia solo a partire dagli sbarchi di profughi e a definirla 'un’emergenza' mentre è ormai la normalità. Ciò è contrario alla tradizione biblica, non solo cristiana perché pensiamo che gli eventi superino la volontà della Provvidenza». Il teologo trentino ha richiamato i fondamenti biblici del dialogo - Isaia 25: «preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte un banchetto di grasse vivande» - per spiegare come il dialogo sia «necessario per la stessa fede, in quanto rappresenta la condizione che ci permette di cogliere la presenza di Dio nell’altro». I cristiani non possono vedere altrimenti il volto di Dio: «la sfida è nel riconoscere che in quel volto di uomo così diverso da me per lingua e cultura, per bisogno e sofferenza, si nasconde il volto di Dio». «Questa è anche la strada per partecipare all’opera di Dio», come ha detto nel pomeriggio l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, durante la celebrazione eucaristica che ha riunito i convegnisti in Cattedrale: «Oggi il Signore ci chiede di fare opere grandi e il modo di attualizzare il Vangelo è riconoscere l’altro. È la missione che ci è affidata. Noi cristiani dobbiamo essere sempre più un luogo d incontro in questo tempo e a maggior ragione chi vive nella sanità è pienamente coinvolto a scrivere questa pagina evangelica, ad essere parola di incontro e accoglienza».
Paolo Viana