venerdì 15 marzo 2013
Per padre Antonio Spadaro, direttore della "Civiltà Cattolica", papa Bergoglio ha innanzitutto a cuore che «la comunità ecclesiale viva la carità come missione, e non ripiegata su se stessa».
Padre Antonio Costa: «Con lui una Chiesa povera tra i poveri»
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​Un uomo che saprà unire e che dai primi passi ha già mostrato la cifra della spiritualità dei gesuiti. Padre Antonio Spadaro, teologo e direttore della Civiltà Cattolica, ci aiuta a conoscere il primo Papa che viene dalla Compagnia di Gesù.I gesuiti sono al servizio del Papa e della Chiesa. Ma ora che un gesuita è diventato Papa, cosa cambia?È una cosa che ci emoziona, non eravamo pronti a un Papa gesuita. Il senso della nostra vocazione è il servizio al Pontefice, che ha una visione universale della Chiesa e quindi sa in quali luoghi si trovano le maggiori urgenze ed è libero di inviarci. La situazione è inedita, ma penso che la chiave per comprenderla sia proprio l’universalità. Francesco ha voluto subito richiamare il legame con la spiritualità ignaziana.Quando?Ieri mattina con la preghiera nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dove sant’Ignazio celebrò la prima Messa. Papa Bergoglio è andato a pregare davanti all’effigie di Maria salus populi romani, molto cara ai gesuiti. Significa che uno di noi oggi è chiamato a servire la chiesa da una posizione universale.Cosa ritrova della spiritualità di sant’Ignazio nel nuovo Papa?Il carisma della Compagnia di Gesù è la missione che si esprime in questa relazione particolare con il Papa in due dimensioni: il servizio della fede e la promozione della giustizia. Quando era cardinale di Buenos Aires, Bergoglio le ha vissute in maniera radicale visitando i barrios e mettendo al centro della sua visione del servizio non tanto le questioni di analisi sociologica, quanto la conversione del cuore.Ovvero?La Compagnia di Gesù si caratterizza da un lato per una spiritualità centrata su Cristo che serve e obbedisce al Padre, dall’altro dalla possibilità di concretizzare il bene edificando realtà importanti come le università e le opere sociali, ma partendo dalla spiritualità. La conversione del cuore a Cristo offre la spinta per cambiare le strutture, ma d’altro canto la fede senza le opere è vuota di contenuti.La scelta del nome Francesco è stata molto apprezzata. Che rapporto c’è con Ignazio?Un rapporto profondo. Quando Ignazio ha fatto la sua scelta per Dio, ha guardato anche alla fede di Francesco, come si legge nella sua autobiografia. Nella scelta del nome c’è anche l’eco di san Francesco Saverio, uno dei primi gesuiti, evangelizzatore e missionario. Umiltà e missione sono le cifre del nome.Il Papa ha sottolineato di arrivare «quasi dalla fine del mondo»..E allo stesso tempo si è presentato come vescovo diocesano, pastore del popolo. Dimensione locale e universale accompagneranno il suo ministero petrino.Mercoledì ha dichiarato che la Chiesa di Roma presiede nella carità. Cosa significa?Un chiaro richiamo al Concilio, già effettuato dal cardinale Sodano nella missa pro eligendo Pontifice. Un elemento che caratterizza tutta l’azione pastorale di Bergoglio. In alcune interviste aveva sviluppato tale affermazione. Sembra sia preoccupato che la comunità ecclesiale viva la carità come missione e non sia ripiegata su se stessa. Un anno fa disse che la malattia spirituale della Chiesa è l’autoreferenzialità.Quali cambiamenti si attende?Francesco sarà un Papa di unità. Sulla sua figura sembra ci sia stata una convergenza positiva tra i cosiddetti conservatori e progressisti. In questo momento l’unità è la riforma necessaria.
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