Una Chiesa col Vangelo in mano, perché è lì dentro che si trova tracciata la strada, anche nella terra delle contraddizioni, del genio greco e del malaffare. Monsignor Francesco Montenegro, don Franco per tutti, sta per ricevere la porpora cardinalizia e guarda dalla finestra del suo studio la Cattedrale di Agrigento chiusa da quattro anni perché sta scivolando giù assieme alla collina. E scruta il Canale di Sicilia che ha inghiottito ancora altri migranti, «morti che pesano sulla nostra coscienza». Montenegro ha accompagnato papa Francesco a Lampedusa, l’8 luglio 2013, e quelle ore trascorse insieme sono scandite dagli scatti di Massimo Palamenghi, Calogero Montana, Giuseppe Spoto e Marilisa Della Monica, in un calendario donato all’arcidiocesi dalla Industria grafica Sarcuto. L’arcivescovo sfoglia quelle immagini orgoglioso «perché questa terra ha ricevuto il primo sguardo del Papa», ma anche critico: «Non dobbiamo dire che bei ricordi, ma quale futuro?».
Con quale stato d’animo arriva al Concistoro?«Mi sento confuso, dentro un banco di nebbia. So che devo continuare un servizio alla Chiesa e al territorio e il Papa mi ha chiesto di mettere una marcia in più.
La Chiesa in questo momento sta affrontando questioni molto serie: la trasparenza, la lotta alla pedofilia, il servizio agli ultimi, l’attenzione alla famiglia. Secondo lei, quali passi occorre fare?Sta destando meraviglia quanto il Papa sta facendo, ma questa è la via tracciata dal Vangelo. Il fatto che ora ci si meravigli, ci dice come forse sono state messe alle spalle certe realtà invece di tenerle vive e puntare lo sguardo su di esse. Riguardo alla trasparenza, c’è da ricordare il "sì sì, no no" del Vangelo e ogni cristiano è chiamato a viverlo, ancora di più chi nella Chiesa svolge un ministero particolare. Riguardo ai poveri, dico sempre che, se dovessimo togliere dal Vangelo le pagine che riguardano i poveri, resterebbe solo la foderina. È un sentiero obbligato da percorrere. Dare attenzione alla famiglia è dare un tocco di colore e di qualità anche alla società. La famiglia è sempre in evoluzione, ha bisogno di risposte, e la Chiesa deve farsi compagna di viaggio, in grado di recepire gli «sos» e le domande, sapendo dare le risposte con il Vangelo in mano.
Lei ha vissuto ad Agrigento gli anni più caldi degli sbarchi dei migranti. Le morti continuano. Quale svolta occorre da parte dell’Italia e dell’Europa?Siamo ancora sul piano difensivo, vorremmo evitare questo incontro, abbiamo paura che diventi scontro. In realtà è la storia che ci chiede che ormai una società non può che essere multiculturale. Noi ancora trattiamo l’immigrazione come un’emergenza e facciamo di tutto per evitare di considerarla una cosa normale, che rientra in un contesto di globalizzazione. Perché posso spostare una montagna di denaro o di merci con un clic, ma quando si tratta di persone ognuno deve stare al proprio posto? Perché noi siamo quelli di serie A e gli altri di serie B? Credo che l’Italia si sia distinta per la prima parte dell’accoglienza, ossia salvare le vite, ora c’è da costruire la seconda parte: permettere a chi arriva di camminare con gli altri.
L’aumento del terrorismo internazionale, però, fa guardare con occhi preoccupati a coloro che arrivano dall’altra sponda del Mediterraneo.Il rischio c’è, ma se il terrorismo vuole arrivare lo farà solo attraverso i barconi? Noi abbiamo smerciato la mafia, l’abbiamo fatta arrivare in altre terre, sia con le navi e le valigie di cartone, sia con gli aerei. I terroristi non hanno bisogno dei barconi per invadere il mondo. Dire che tutti gli immigrati sono dei terroristi è come dire che tutti i nostri emigranti sono mafiosi.
Lei è un cardinale senza Cattedrale. Il centro storico di Agrigento sta morendo. Quale atteggiamento ha riscontrato nelle istituzioni?Poca attenzione, che fa rima con indifferenza. Si dice che è necessario fare interventi, ma restano solo parole. Sono stati stanziati 5 milioni di euro per il consolidamento della collina, ma non si possono iniziare i lavori perché ci vogliono i fondi per mettere in sicurezza la Cattedrale, ossia 2 milioni di euro. Abbiamo detto che come Chiesa diocesana possiamo fare il progetto, ma aspettiamo ancora. La Cattedrale continua a scivolare. Quando succederà qualcosa di grosso, non vorrò trovarmi a giocare al tiro a segno, cercando di chi è la colpa.