Un quadro riproduce il "fatto eucaristico" di Torcegno del 19 novembre 1915
A cinquant’anni dalla morte il «Tarcisio delle Alpi» torna nella sua Torcegno, paese in provincia di Trento. Così era chiamato e noto padre Almiro Faccenda, religioso degli Oblati di san Giuseppe, congregazione fondata ad Asti da san Giuseppe Marello. L’appellativo di «Tarcisio», nome che ricorda il giovane martire dei primi anni del cristianesimo a Roma che morì per difendere l’Eucaristia che stava di nascosto portando a dei prigionieri, venne dato ad Almiro Faccenda perché protagonista di quello che ancora oggi a Torcegno e nella diocesi di Trento viene chiamato «il fatto eucaristico».
Il fatto eucaristico di Torcegno
Siamo nel 1915 e da pochi mesi è iniziata la Prima guerra mondiale – di cui in questi giorni abbiamo celebrato il primo centenario della conclusione – e il paese trentino, come gran parte della regione, si ritrovò proprio lungo la linea di combattimento tra l’esercito austro-ungarico e quello italiano. Terra sotto il controllo di Vienna e che dunque vedeva in quella popolazione di lingua italiana un nemico. Ben presto iniziarono arresti e arruolamenti forzati. Non furono risparmiati neppure i sacerdoti. In pochi mesi per ben due volte Torcegno vide i propri parroci portati via dalla guardie austriache. E fu proprio in occasione dell’internamento di don Guido Franzelli che avvenne l’episodio di cui l’allora bimbo di 7 anni, Almiro Faccenda, fu protagonista. Infatti il parroco poco prima di essere portato via si ricordò che nel tabernacolo vi erano molte Ostie consacrate. Convocò il sagrestano Giacomo Campestrin e gli disse che l’indomani mattina alle 5 avrebbe dovuto far distribuire la comunione a tutti i paesani per evitare possibili profanazioni da parte dell’esercito austriaco. La scelta cadde su Almiro, che all’epoca aveva compiuto 7 anni (era nato il 21 ottobre 1908) e da poche settimane aveva ricevuto la sua Prima Comunione. E così mentre i gendarmi portavano via il parroco, il sagrestano si mise all’opera avvisando i compaesani e informando Almiro del compito che lo aspettava all’indomani. Della sua storia ne parlò anche il Corriere dei Piccoli in un numero uscito nel 1936.
Il racconto di padre Almiro
«È difficile descrivere l’emozione di quegli istanti – racconterà anni dopo padre Almiro, diventato nel frattempo sacerdote degli Oblati di san Giuseppe ricordando la mattina del 19 novembre 1915 nella chiesa di Torcegno –. Regnava un profondo, accorato silenzio. Salii su uno sgabello, aprii la porticina del tabernacolo, estrassi la pisside e, senza proferir parola, cominciai a distribuire le sacre specie. Tutti quelli che si sentivano in grazia di Dio , ed erano numerosi, fecero la santa Comunione. Ma poiché le particole erano molte, e bisognava consumarle tutte, passai e ripassai davanti ai medesimi comunicandi. Infine comunicai me stesso con due particole. Le sacre specie erano consumate, il santo Ciborio vuoto. Torcegno era senza pastore, senza chiavi, senza Pane».
2018, il ritorno a Torcegno
Un episodio che ha segnato profondamente quella comunità, che, terminata la guerra e ripristinata la normalità di vita, ha continuato a farne memoria. Nel 2015, a cento anni da quell’avvenimento, ci furono grandi festeggiamenti e venne anche fatta una richiesta agli Oblati di san Giuseppe: poter custodire in paese i resti di padre Almiro Faccenda, morto nel gennaio 1968 a 59 anni dopo una vita spesa all’interno della congregazione e nella costruzione della parrocchia di san Giuseppe all’Aurelio a Roma, città in cui venne sepolto. Nei mesi scorsi è giunto il via libera della congregazione per il trasferimento dei suoi resti a Torcegno. Un avvenimento preparato dalla comunità locale con una vera e propria «missione spirituale», guidata da padre Michele Piscopo, superiore generale emerito della congregazione, giunto nel paese con un altro Oblato e due suore Oblate. Da martedì scorso fino al 19 novembre, infatti, l’urna con i resti di padre Almiro sono accolti nella chiesa parrocchiale. Per ogni giornata è stato individuato un tema di riflessione e preghiera - la giornata giuseppina; eucaristica, penitenziale, mariana - legandolo all’impegno pastorale di padre Faccenda. Punto centrale dell’intera «missione» sarà domenica 18 novembre, Giornata mondiale dei poveri, in cui si ricorderà l’impegno sociale di padre Faccenda, che dopo la solenne Messa alle 10 verrà tumulato nel locale cimitero, tornando così in modo definito tra la sua gente che non lo ha mai dimenticato.