La macchina da presa è a due passi. Alessandro D’Alatri è sul set del suo nuovo film
The Start Up. Uscirà nella primavera del prossimo anno e racconterà la storia (vera) di un giovane che ha inventato un algoritmo entrato in un social network per misurare le capacità delle persone e quindi favorirne l’inserimento nel lavoro. Anche papa Francesco parla di reti sociali nel Messaggio per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. «Il web è un mondo fantastico – spiega il regista in una pausa delle riprese a Roma – ma è anche un ambiente a cui bisogna essere educati. Invece, se leggo quanto viene scritto nei post o nei messaggi, mi trovo davanti a gente che giudica e condanna; vedo falsi moralizzatori e guru implacabili». Proprio ciò che “censura” Bergoglio quando invita a sanare le ferite, a favorire la riconciliazione, a mitigare le avversità. Indicazioni per far andare a braccetto misericordia e comunicazione. «La misericordia è perdono e solidarietà – spiega l’autore di pellicole come
Casomai, La febbre e
Senza pelle –. La misericordia mette al centro l’uomo in un mondo dove la persona è lasciata ai margini e dove dominano le logiche del profitto e della sopraffazione. Siccome la comunicazione vive nel tempo, essa fa suoi questi input deleteri. Il che si traduce in una mancanza di rispetto per l’uomo». Sempre il Papa chiede che sia tutelata la dignità ed esorta i media a farsi prossimi nei confronti della gente. Come risponde il cinema? «Il cinema deve avere la libertà di raccontare tutto, anche il male – sostiene D’Alatri –. Il problema è il messaggio che si manda. Quando vedo sul grande schermo la sequenza di un assassinio che però non suscita interrogativi o sdegno, significa che qualcosa non va. Se, invece, il cinema si fa interprete dei dolori dell’uomo e denuncia le sue scelleratezze, allora svolge la sua parte. Il nodo scoperto è che spesso oggi nel pianeta dell’audiovisivo non si tiene conto delle conseguenze di una scelta. È il vizio del pensiero contemporaneo: non vogliamo assumerci le nostre responsabilità. Non solo. Viviamo in una società che sta distruggendo il rapporto con la memoria, con la storia, con le radici. È una società condannata soltanto al presente. Ecco perché i doveri non sono contemplati ». D’Alatri lancia anche un appello. «Serve un’alfabetizzazione all’audiovisivo e alle nuove tecnologie. A scuola si studiano la matematica, la geografia o la grammatica, ma non si forniscono gli strumenti per decodificare i linguaggi della comunicazione. E i ragazzi crescono in piazze digitali governate dal mercato dove si pensa che tutto sia lecito».
Giacomo Gambassi © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandro D’Alatri