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Sembrava una storia giunta al termine quella del monastero di Sabiona, che domina la cittadina di Chiusa, in Valle Isarco, provincia di Bolzano. Il 21 novembre 2021 le ultime due monache benedettine rimaste hanno lasciato la “montagna sacra” del Tirolo meridionale, come viene chiamata da tempo immemore la rupe su cui svetta il complesso religioso, mettendo la parola fine a una presenza durata 335 anni.
Nell’atto di congedo il vescovo di Bolzano-Bressanone Ivo Muser e la badessa Maria Ancilla Hohenegger avevano espresso l’auspicio che Sabiona potesse continuare a essere una realtà monastica viva, in qualche modo, un auspicio che però a molti era sembrato di circostanza visto il panorama vocazionale. Invece due anni e mezzo dopo si è rivelato una premonizione. Il 14 marzo scorso, infatti, il capitolo della grande abbazia cistercense di Heiligenkreuz, situata a una trentina di chilometri da Vienna, ha deciso di accettare l’invito di monsignor Muser e di inviare un drappello di monaci per riattivare Sabiona, per farla tornare a essere un centro di vita contemplativa e una meta per pellegrini e cercatori di Dio. La proprietà dell’edificio rimarrà della diocesi, i cistercensi austriaci ci metteranno per così dire l’anima, e i corpi.
Il salvataggio di Sabiona ha richiamato l’attenzione di molti su quello che è ormai un caso nel cattolicesimo non solo austriaco, Heiligenkreuz appunto. Si tratta di una presenza plurisecolare, non certo una novità: fondata nel 1135, è la più antica abbazia cistercense del mondo tra quelle che non hanno mai subìto interruzioni. Oggi anche è la più grande e florida abbazia cistercense d’Europa e probabilmente la più grande e florida abbazia d’Europa tout court, con 103 monaci, 11 religiosi di voti temporanei e 6 novizi.
Quarantanove anni l’età media dei religiosi, ragguardevole rispetto a quella di altre storiche abbazie, con una media di quattro-cinque giovani che ogni anno vestono l’abito bianco con scapolare nero. «Ci sono monasteri cistercensi in Vietnam che sono due volte più grandi del nostro» dice l’abate Maximilian Heim, che quasi si schermisce quando gli si “chiede conto” di certi numeri. In realtà Heim sa che molti oggi guardano ad Heiligenkreuz come un segno di speranza nel panorama europeo. E anche come un possibile aiuto. Sabiona non è il primo caso. Già sei anni fa Wolfgang Ipolt, vescovo della diocesi tedesca di Görlitzer, al confine con la Polonia, aveva chiesto a Heiligenkreuz di soccorrere il monastero cistercense di Neuzelle, cosa che avvenne con l’invio di sei monaci.
Vita religiosa all’insegna del quaerere Deum che diventa anche fucina di cultura, teologica in primis. Annesso all’abbazia è anche una facoltà teologica intitolato a Benedetto XVI, che nel 2007 è diventata pontificia, dove insegnano nomi di primo piano come Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz, tra le più autorevoli studiose di Romano Guardini ed Edith Stein, o il canonista Alfred Hierold, ex rettore dell’Università di Bamberg. Anche qui, il numero di studenti è cresciuto costantemente negli ultimi decenni. Attualmente sono 342 gli iscritti, provenienti da 39 Paesi, la maggior parte da Germania e Austria (93), ma anche da India, Italia, Nigeria, Stati Uniti e Vietnam.
Non pochi si chiedono quale sia il segreto della salute spirituale di Heiligenkreuz. Padre Heim punta in alto: «La cosa più importante è l’amore per Dio e per il prossimo. In un monastero benedettino (l’ordine cistercense segue la regola di san Benedetto ndr], questo è completato dalla triade ora, lege et labora, cioè pregare, leggere (lectio divina) e lavorare. Infine, ma non meno importante, è importante onorare il comandamento di Gesù “che tutti siano una cosa sola: unità all’interno della comunità senza egualitarismo e con la necessaria libertà per ogni individuo, nonché unità con la Chiesa. In concreto, questo significa: unità all’interno dell’ordine, così come con il Papa e il vescovo diocesano».
Sicuramente, venendo alle cause prossime, un grande ruolo l’ha avuto padre Karl Braunstorfer (1895-1978), che fu abate dal 1945 fino alla morte, e che partecipò al Concilio Vaticano II e traghettò l’abbazia nei tumultuosi anni del post Concilio, assicurandole una rotta in equilibrio tra tradizione, anche liturgica, e aggiornamento (è in corso la sua causa di beatificazione). Sensibile è anche il lascito ratzingeriano. Heim è stato insignito nel 2011 del premio della Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI e Benedetto XVI fece sosta ad Heiligenkreuz nel 2007, durante il nel suo viaggio apostolico al Santuario di Mariazell, rendendo omaggio a un luogo dove, disse, «arde il fuoco mariano di un san Bernardo di Chiaravalle» e «dove c’è Maria, là c’è il soffio pentecostale dello Spirito Santo, là c’è l’avvio e un rinnovamento autentico».