Dal 6 dicembre, monsignor Nunzio Galantino è nel Kurdistan iracheno per una missione che si concluderà mercoledì 9 e che avrà il suo momento più alto martedì con l’inaugurazione di un’Università a Erbil. Costruita con i fondi dell’8xmille, intende offrire ai giovani profughi della Piana di Ninive e di Mosul la possibilità di completare il percorso formativo.
Quest’oggi il Segretario generale della Cei è giunto a Enishke, nelle montagne fra Zakho e Dohuk, estremo Nord del Kurdistan iracheno.
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Il suo arrivo nel piccolo villaggio cristiano è vissuto come un momento di sollievo per la comunità di profughi yazidi in lutto. La piccola delegazione italiana con don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, è accompagnata dal parroco, padre Samir Yousif.
Una famiglia racconta la storia di Khalifa Ali: aveva 22 anni ed era sposato da un anno e mezzo quando il due dicembre una pallottola lo ha ucciso mentre combatteva per liberare le sue montagne nel Sinjar. “Voi cristiani ci siete sempre stati vicini: la Chiesa non ci ha fatto mancare nulla”, dice il capo famiglia rivolgendosi a Galantino. Pochi metri più in là, in quella che era una casa di vacanza abbandonata, la giovanissima moglie di Alì piange fra le amiche.
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Nella stanza accanto, ristrutturata grazie agli aiuti giunti dalla Cei alla parrocchia di padre Samir, anche Mahaia. Avrà 20 anni e fino al 18 maggio era prigioniera di un emiro del Daesh: “Finché avrete bisogno noi, saremo al vostro fianco”, assicura Galatino.
Poi, su richiesta di padre Samir, una semplice cerimonia: la presenza della delegazione italiana è l’occasione per aprire anche a Enishke, presenti pure i capi della comunità yazida, una piccola porta. Il Kurdistan chiede più che mai misericordia.