martedì 17 maggio 2016
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Il Pontefice a La Croix: la laicissima Francia rispetti l’obiezione «In un certo senso è una periferia da evangelizzare. Ma bisogna essere giusti con la Francia. Lì la Chiesa possiede una capacità creatrice. La Francia è anche una terra di grandi santi e grandi pensatori: Jean Guitton, Maurice Blondel, Emmanuel Levinas – che non era cattolico – Jacques Maritain. Penso ugualmente alla profondità della letteratura ». Sono parole dell’intervista rilasciata da papa Francesco al quotidiano francese La Croix, in specifico al suo direttore Guillaume Goubert e al suo inviato a Roma Sébastien Maillard. Tanti i temi trattati, con risposte concise e dirette. A partire, appunto, dal legame spirituale e culturale del Pontefice con il Paese transalpino: «Ciò che mi affascina nella Francia è da un lato la laicità esagerata, l’eredità della rivoluzione francese, e dall’altro tutti questi grandi santi». Due i teologi gesuiti in particolare che Francesco cita, Henri de Lubac e Michel de Certeau, e una santa, Teresa di Lisieux. «Ho ricevuto una lettera d’invito del presidente François Hollande. Anche la Conferenza episcopale mi ha invitato. Non so quando questo viaggio avrà luogo, perché l’anno prossimo sarà elettorale in Francia e, in generale, la pratica della Santa Sede è di non compiere visite in questi periodi». Interrogato sul come affrontare la crisi delle vocazioni, il Papa richiama l’esempio della Corea, «che è stata evangelizzata per due secoli dai laici... per evangelizzare non c’è necessariamente bisogno di preti». Non si sottrae a una domanda sul caso giudiziario che vede coinvolto l’arcivescovo di Lione, il cardinale Barbarin, accusato di non essere intervenuto adeguatamente dopo le denunce di abusi su minori compiuti da sacerdoti dell’arcidiocesi: «Dagli elementi di cui dispongo credo che abbia preso le misure necessarie, che abbia preso bene in mano le cose. È un coraggioso, un creativo, un missionario. Ora dobbiamo attendere che la giustizia civile faccia il suo corso». Ma dimettersi ora per Barbarin «sarebbe un controsenso, un’imprudenza », ovvero «significherebbe ammettere la colpevolezza». Sul dialogo con i lefebvriani, Francesco parla dei suoi buoni rapporti con loro in Argentina, non esclude la soluzione di una prelatura personale, «ma prima bisogna stabilire un accordo fondamentale: il Concilio Vaticano II ha il suo valore. Si va avanti lentamente, con pazienza». «Siamo usciti tutti differenti da questo processo » dice invece il Papa in riferimento agli ultimi due Sinodi, «io compreso» e «nell’Esortazione postsinodale ho cercato di rispettare al massimo il Sinodo: non vi troverete delle precisazioni canoniche su ciò che si può o si deve fare, oppure no. È una riflessione serena, pacifica sulla bellezza dell’amore...». Bergoglio si sofferma poi su migranti e laicità. «Ognuno deve avere la libertà di esprimere la propria fede. Se una donna musulmana vuole portare il velo, deve poterlo fare. Così, se un cattolico vuole portare una croce. Bisogna poter professare la propria fede non accanto ma in seno alla propria cultura». «Uno Stato dev’essere laico. Gli Stati confessionali finiscono male», ma la Francia tende a «esagerare la laicità» per colpa di «un modo di considerare le religioni come una subcultura, non una cultura vera e propria». Secondo il Pontefice «la peggior accoglienza è ghettizzare mentre invece bisogna integrare» gli immigrati. «A Bruxelles – ad esempio – i terroristi erano belgi, figli di immigrati, ma venivano da un ghetto. A Londra, il nuovo sindaco ha giurato in una cattedrale e sarà ricevuto dalla Regina. Ciò mostra per l’Europa l’importanza di ritrovare la sua capacità di integrare ». E «questa integrazione è tanto più necessaria oggi che l’Europa conosce un grave problema di denatatalità». «Di fondo, la coesistenza tra cristiani e musulmani è possibile. Vengo da un Paese in cui coabitano in buona familiarità». E sempre riguardo al nostro continente, secondo il Papa «bisogna parlare di radici al plurale perché ce ne sono tante». «In questo senso, quando sento parlare di radici cristiane dell’Europa, ho qualche dubbio sul tono, che può essere trionfalista o vendicativo. Ciò diviene allora colonialismo. Giovanni Paolo II ne parlava con un tono tranquillo. L’Europa, sì, ha delle radici cristiane. Il cristianesimo ha il dovere di annaffiarle, ma in uno spirito di servizio come per la lavanda dei piedi. Il dovere del cristianesimo per l’Europa è il servizio». Infine, alla domanda su come i cattolici debbano comportarsi di fronte a leggi come quelle su eutanasia e matrimoni gay, Bergoglio sottolinea che «una volta che la legge è approvata, lo Stato deve rispettare le coscienze. In ogni struttura giuridica, l’obiezione di coscienza deve essere presente perché è un diritto umano. Compreso per un funzionario del governo, che è una persona umana. Lo Stato deve anche rispettare le critiche». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il gesto
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