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Così quotidiano da non considerarne quasi più il valore. Talmente consueto da essere consumato «automaticamente, senza badarci». Il discorso cambia quando, come per la crisi del grano, un bene in apparenza banale, diventa prezioso perché difficile da trovare. È giocato sul “mettersi in ascolto” del pane, che significa considerarne l’importanza e il significato anche simbolico, il messaggio della Cei (firmato dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e dalla Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo) per la 17ª Giornata nazionale per la custodia del creato che sarà celebrata il prossimo 1° settembre, data d’avvio anche del cosiddetto “Tempo del creato” che si concluderà il 4 ottobre. Il titolo riprende Gesù nel Vangelo di Luca e le parole che accompagnano la consacrazione durante l’Eucaristia: “Prese il pane e rese grazie (Lc 22,19). Il tutto nel frammento”. Sullo sfondo il titolo del prossimo Congresso eucaristico di Matera (22-25 settembre): “Torniamo al gusto del pane,. Per una Chiesa eucaristica e sinodale”.
E punta proprio al recupero delle memoria e dell’attualità di un bene preziosissimo, il richiamo dei vescovi italiani. «Il pane arriva da lontano – scrivono –: è un dono della terra», una sua offerta all’uomo, da accogliere con riconoscenza». Essere grati, del resto, «è l’attitudine fondamentale di ogni cristiano, la matrice che ne plasma la vita; più radicalmente, è la cifra sintetica di ogni essere umano: siamo tutti «un grazie che cammina». Una condizione testimoniata una volta di più dal Cammino sinodale in cui si fa «esperienza che l’altro e la sua vita condivisa sono un dono per ciascuno di noi». Ma c’è di più, e qui il discorso si concentra sull’Eucaristia. «Prendere il pane – recita il messaggio Cei –, spezzarlo e condividerlo con gratitudine ci aiuta a riconoscere la dignità di tutte le cose che si concentrano in un frammento così nobile: la creazione di Dio, il dinamismo della natura, il lavoro di tanta gente: chi semina, coltiva e raccoglie, chi predispone i sistemi di irrigazione, chi estrae il sale, chi impasta e inforna, chi distribuisce. In quel frammento c’è la terra e l’intera società». In particolare, «spezzare il pane la domenica, Pasqua della settimana, è per i cristiani rinnovamento ed esercizio di gratitudine, per apprendere a celebrare la festa e tornare alla vita quotidiana capaci di uno sguardo grato».
Una gratitudine che, cristianamente non può che tradursi in condivisione. La tavola del pranzo e della cena in questo senso è una scuola: «mangiare insieme significa allenarsi a diventare dono». Un piccolo segno di fronte all’immensità dell’Eucaristia in cui è Gesù stesso che si fa offerta. «Nutrirci di Lui e dimorare in Lui mediante la Comunione eucaristica – ha detto il Papa – se lo facciamo con fede, trasforma la nostra vita, la trasforma in un dono a Dio e ai fratelli». In questo modo – scrivono ancora i vescovi italiani – «la condivisione può diventare stile di cittadinanza, della politica nazionale e internazionale, dell’economia: da quel pane donato può prendere forma la civiltà dell’amore».