venerdì 13 settembre 2024
Alla Verna le celebrazione per gli 8 secoli dei "segni della Passione". L'arcivescovo Accrocca: le fonti attestano il miracolo. E Tommaso da Celano parla di chiodi formati di carne nel Poverello
La cappella delle stimmate nel santuario francescano della Verna in provincia di Arezzo

La cappella delle stimmate nel santuario francescano della Verna in provincia di Arezzo - Frati minori

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Sono passati otto secoli dal 17 settembre 1224, giorno in cui san Francesco d’Assisi ricevette i segni della Passione alla Verna, il sacro monte in provincia di Arezzo. Per celebrare l'anniversario i francescani toscani hanno organizzato una serie di iniziative. Da domani sabato 14 settembre a lunedì 120 si ritroveranno sul “Calvario francescano”. Lunedì 16 settembre, dopo i Vespri a Chiusi della Verna, alle 20.30 il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Andrea Migliavacca, inizierà con i pellegrini il cammino fino al santuario dove alle 23 fra’ Massimo Fusarelli, ministro generale dei frati minori, presiederà la celebrazione eucaristica. Il santuario resterà poi aperto tutta la notte per la preghiera personale e le confessioni. Martedì 17 settembre, giorno delle stimmate, alle 8 la Messa nella cappella delle stimmate, seguita dalle Lodi in basilica; alle 11 la celebrazione solenne presieduta da fra’ Fusarelli alla presenza della Conferenza episcopale toscana. Alle 15 la recita dell’Ora nona e la tradizionale processione verso la cappella delle stimmate. Seguirà la benedizione al mondo con la reliquia del sangue di san Francesco dal piazzale del Quadrante. Nel pomeriggio la Messa e i Vespri in basilica. Il 4 ottobre, solennità di san Francesco, dopo la processione delle 15 alla cappella delle stimmate, il vescovo Migliavacca chiuderà ufficialmente la Porta Santa aperta lo scorso 5 gennaio, anche se l’indulgenza plenaria concessa dalla Santa Sede è prorogata fino al 31 dicembre.


Il dibattito sulle stimmate di Francesco, sempre vivo, ha conosciuto una nuova fiammata d’interesse grazie al volume di Chiara Frugoni L’invenzione delle stimmate. Con la sua pubblicazione nel 1993, quest’opera ha in effetti apportato un contributo importante alla storia del progressivo articolarsi, nei testi e nelle immagini, di un fatto di per sé sfuggente e perciò bisognoso di continue precisazioni. Tuttavia, nell’analisi delle fonti agiografiche il lavoro della studiosa rivelava le sue fragilità. Nella sostanza, vi riproponeva una vecchia tesi, attribuendo al vicario di Francesco la progettazione e l’attuazione di un piano predeterminato e preciso: «Sono propensa – scriveva infatti – ad addebitare a Elia [...] la decisione di tramutare in miracolo il compianto dei frati sul corpo morto e martoriato di Francesco, le piaghe finalmente visibili in stimmate, e di divulgare il prodigio con la massima risonanza possibile».

Il saio di san Francesco custodito nel santuario della Verna in provincia di Arezzo

Il saio di san Francesco custodito nel santuario della Verna in provincia di Arezzo - Badaracchi

La documentazione più antica sulle stimmate consta di alcuni scritti di varia natura agiografica; mi soffermo qui sui più importanti (e tra i più antichi), dai quali gli altri, nella sostanza, dipendono: si tratta della cosiddetta Lettera enciclica sul transito di san Francesco di frate Elia, della Vita del beato Francesco di Tommaso da Celano (impropriamente nota come Vita prima); delle rubriche apposte di sua mano da frate Leone sulla Chartula che gli fu consegnata da Francesco sulla Verna nel 1224.
Nella sua lettera Elia presenta le stimmate come delle trafitture, dei fori prodotti dai chiodi penetrati nella carne che risultavano visibili da una parte e dall’altra sia delle mani sia dei piedi e non mostravano il colore del sangue quanto, piuttosto, il colore nerastro del metallo. Inoltre, precisando che quella al costato sanguinava frequentemente, egli lascia intendere che il fenomeno non riguardasse anche le altre ferite.

La basilica del santuario francescano della Verna in provincia di Arezzo

La basilica del santuario francescano della Verna in provincia di Arezzo - Avvenire

Tommaso da Celano portò a compimento il proprio lavoro forse entro il febbraio 1229. Il Celanese determinò anzitutto il tempo e il luogo in cui tali segni si produssero: alla Verna, nel 1224. Tommaso, inoltre, si spinse a indicare anche la causa, scrivendo per primo dell’uomo in forma di Serafino che si sarebbe librato su Francesco: il tutto si ridusse a un gioco di sguardi, immersi i due in un grande silenzio. Secondo Tommaso, quei segni mostravano «non i fori dei chiodi, ma i chiodi medesimi formati di carne». Era questa la principale dissonanza nei riguardi di Elia; per il resto, Tommaso si sforzava di chiarire e precisare i fatti, confermando nella sostanza quanto Elia aveva annunciato ai frati.

La croce nel piazzale del santuario francescano della Verna in provincia di Arezzo

La croce nel piazzale del santuario francescano della Verna in provincia di Arezzo - Frati minori

Anche frate Leone – come Tommaso – salda i due momenti, ovvero l’apparizione del Serafino e l’impressione delle stimmate, accennando, oltre che alla visione, anche alle «parole del Serafino». In conclusione, Francesco visse un’esperienza intensa alla Verna, che – teste Tommaso – rivelò a un solo testimone, frate Leone con tutta probabilità. Dopo la morte dell’Assisiate e l’annuncio dato da Elia, la notizia divenne di dominio comune, ciò che spinse anche quell’unica persona partecipe del segreto a renderne testimonianza. C’è da dire, peraltro, che Tommaso, presentando le stimmate come escrescenze carnose in forma di chiodi, e insistendo su tale descrizione, scelse la via più difficile, perché parlare di fori, sulla scorta del testo evangelico (Gv 20,25), sarebbe stato per lui più semplice; se insistette su tale aspetto fu – io credo – in obbedienza alle testimonianze ricevute, a dimostrazione evidente della sua onestà intellettuale. Leone, pur confermandone il racconto, aggiunse nuovi particolari, secondo quell’ottica d’integrazione che presiede al costruirsi delle agiografie francescane nel corso del Duecento. La teoria di una pretesa opposizione tra la sua testimonianza e quella di Elia e Tommaso, all’esame dei testi, non regge. Certo, l’accettazione del fatto non fu pacifica, né accolta ovunque con serenità. La novità del miracolo – e forse anche l’uso che ne fu fatto – favorì certamente reazioni contrarie, che non riescono però a infirmare un dato di fatto concordemente attestato dalle fonti.

(L'autore è l'arcivescovo di Benevento e studioso del francescanesimo)

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