Oltre al messaggio umanitario, perché il viaggio a Lesbo viene considerato anche una tappa nel cammino ecumenico delle Chiese?
La visita di Papa Francesco, del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I e del primate della Chiesa ortodossa greca, Hieronimus II ai migranti e profughi - che presto dovrebbero essere rispediti nel loro Paese o in Turchia, secondo un accordo firmato da Unione europea e Turchia - rappresenta un gesto forte di critica alla politica europea, divenuta sempre più sterile di proposte. Come ha detto un rappresentante dell’ecumenismo in Grecia, Gabriel Arnellos, “l’Europa è divenuta insignificante nei fenomeni mondiali perché ha mercificato il cristianesimo”.
La visita a Lesbo, preparata con discrezione da Roma e Costantinopoli con il coinvolgimento di Atene, costituisce un altro passo verso il comune percorso ecumenico che sta coinvolgendo in modo lento, ma concreto anche tutte le altre Chiese ortodosse, chiamate a confrontarsi dopo quasi 13 secoli, al prossimo Sinodo pan-ortodosso che verrà celebrato a Creta il 16 giugno.
In questo comune cammino rientrano gli incontri a Gerusalemme e a Istanbul tra Francesco e Bartolomeo nel 2014, la pubblicazione dell'Enciclica Laudato Si' che riporta al centro il tema ecumenico della custodia del creato e rappresenta un richiamo all’unità dei cristiani, e il recentissimo storico incontro tra Francesco e Kirill a Cuba, oltre che ovviamente il prossimo a Lesbo tra Francesco, Bartolomeo e Hieronimus II, in Grecia, una terra “apostolica” in quanto attraversata dagli apostoli di Gesù.
Dopo il Giovedì Santo a Castelnuovo di Porto, il viaggio a Lampedusa e la Messa al confine tra Messico e Stati Uniti, Papa Francesco si appresta a toccare di nuovo la carne di Cristo nei profughi dell’isola greca di Lesbo. (Ilaria Solaini)
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