Dopo il Giovedì Santo a Castelnuovo di Porto, il viaggio a Lampedusa e la Messa al confine tra Messico e Stati Uniti,
Papa Francesco si appresta a toccare di nuovo la carne di Cristo nei
profughi dell’
isola greca di
Lesbo. Un viaggio, quello di sabato 16 aprile, che punta a sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale che appare ora come “anestetizzata” di fronte al problema dei profughi.
Perché Papa Francesco ha deciso di andare a Lesbo?
In un'intervista alla
Radio Vaticana il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha approfondito il senso della visita di
Papa Francesco sull’
isola di Lesbo, sottolineando come ricordi «in un certo senso quella che fece sull’isola di Lampedusa. È un’altra isola che riceve persone costrette a fuggire dalla loro terra. Quindi, la visita sarà di nuovo un tentativo per mettere sullo schermo globale la situazione di queste persone e al tempo stesso le sue cause, per interpellare il mondo e la coscienza globale, chiamandola a fare qualcosa per evitare tutto questo».
A Lesbo, tappa centrale sulla rotta dei migranti, com'è la situazione oggi?
Stando ai dati dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) a
Lesbo, in Grecia, sono sbarcate 3.793 persone nel 2013, 12.187 nel 2014, 445.037 nel 2015 e
89.362 nei primi mesi del
2016. In media sono cinquemila i migranti che ogni settimana approdano sull’isola di Lesbo. Con 320 chilometri di coste, per superficie è la terza dell’arcipelago greco e l’ottava del Mediterraneo. Gli abitanti sono poco più di novantamila, un terzo dei quali risiede a Mitilene, il capoluogo. L’isola si trova a pochissimi chilometri dalle coste della Turchia ed è per questo che è diventata uno dei primi approdi in Europa per migliaia di profughi. C'è grande attesa nelle strutture di Caritas Hellas a Lesbo dove sono ospitati in maggioranza famiglie con bambini, donne incinte, persone con disabilità, anziani, persone vulnerabili. Dall'inizio di dicembre a oggi Caritas Hellas ha accolto più di 5mila persone e tuttora ne sostiene, anche con la distribuzione di sacchi a pelo, indumenti, prodotti per l'igiene e per i bambini, oltre 3mila.
Oltre al messaggio umanitario, perché il viaggio a Lesbo viene considerato anche una tappa nel cammino ecumenico delle Chiese?
La visita di
Papa Francesco, del
Patriarca di Costantinopoli,
Bartolomeo I e del
primate della Chiesa ortodossa greca,
Hieronimus II ai migranti e profughi - che presto dovrebbero essere rispediti nel loro Paese o in Turchia, secondo un accordo firmato da Unione europea e Turchia - rappresenta un gesto forte di critica alla politica europea, divenuta sempre più sterile di proposte. Come ha detto un rappresentante dell’ecumenismo in Grecia, Gabriel Arnellos, “l’Europa è divenuta insignificante nei fenomeni mondiali perché ha mercificato il cristianesimo”.
La visita a Lesbo, preparata con discrezione da Roma e Costantinopoli con il coinvolgimento di Atene, costituisce un altro passo verso il comune percorso ecumenico che sta coinvolgendo in modo lento, ma concreto anche tutte le altre Chiese ortodosse, chiamate a confrontarsi dopo quasi 13 secoli, al prossimo Sinodo pan-ortodosso che verrà celebrato a Creta il 16 giugno.
In questo comune cammino rientrano gli incontri a Gerusalemme e a Istanbul tra Francesco e Bartolomeo nel 2014, la pubblicazione dell'Enciclica
Laudato Si' che riporta al centro il tema ecumenico della custodia del creato e rappresenta un richiamo all’unità dei cristiani, e il recentissimo storico incontro tra Francesco e Kirill a Cuba, oltre che ovviamente il prossimo a Lesbo tra
Francesco,
Bartolomeo e
Hieronimus II, in Grecia, una terra “apostolica” in quanto attraversata dagli apostoli di Gesù.