mercoledì 8 dicembre 2010
Gli uomini della squadra mobile di Bergamo saranno affiancati da altri investigatori. Arrivato sul posto anche il direttore del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, Gilberto Caldarozzi. Intanto si cerca di individuare i due uomini avvistati il 26 novembre con la 13enne di Brembate Sopra.
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Gli uomini della squadra mobile di Bergamo saranno affiancati da investigatori provenienti da altre squadre mobili, con l'obiettivo di supportare le indagini sulla scomparsa di Yara Gambirasio. Il numero degli uomini a disposizione del questore Vito Ricciardi, potrà aumentare o diminuire a seconda delle necessità. È una delle decisioni che è stata presa nel corso dell'incontro che si è tenuto questa mattina in procura a Bergamo tra polizia, carabinieri e magistrati che indagano sulla scomparsa della tredicenne di Brembate di Sopra. A Bergamo è arrivato anche il direttore dello Sco (Servizio centrale operativo) della Polizia di Stato, Gilberto Caldarozzi.Oggi le ricerche di Yara sono tornate ancora una volta al cantiere del centro commericale di Mapello, ispezionato più volte dopo che sono stati indirizzati su quella pista dai cani con il "fiuto molecolare". Sarà utilizzato questa volta un georadar, un'apparecchiatura che misura la consistenza del cemento anche in profondità, per rilevare eventuali anomalie. Lo strumento è in grado di mostrare la stratigrafia della parte di sottosuolo, attraverso la riflessione delle onde elettromagnetiche, e una volta valutate le caratteristiche elettriche, può individuare la forma di un corpo estraneo, il suo spessore e valutare la profondità alla quale si trova. georadar che sarà utilizzato anche in altri cantieri della zona, compresi quelli già ispezionati. IL PUNTO DELLE INDAGINIUn uomo del posto, forse poco più che un ragazzo. È questo il primo dei profili tracciati dagli investigatori che nella sparizione di Yara Gambirasio lavorano su tre piste. La prima ha per protagonista una persona conosciuta, la quale avrebbe voluto approfittare di Yara. Un "gioco" a cui la ragazzina si sarebbe opposta e che avrebbe provocato la reazione violenta dell’uomo. La seconda ipotesi è complementare alla prima: Yara avrebbe potuto essere attirata in trappola, magari con un pretesto apparentemente innocente, dalle persone che poi l’hanno portata via. Infine la pista considerata più blanda: l’azione premeditata di un aggressore sconosciuto.«Ho visto due uomini che litigavano nella via in cui abita la famiglia di Yara. Parlavano in italiano». Il racconto che Marina Abeni ha fatto ai carabinieri è nitido. «Mi sono anche spaventata quella sera», ha detto la vicina dei Gambirasio. Forse con Yara non c’entrano nulla, tanto vale «che si facciano avanti, così almeno si fa chiarezza». La testimonianza collima con le dichiarazioni messe a verbale da un vigilante: «Ho visto due persone, due uomini, discutere animatamente vicino alla casa di Yara». E certo sarebbe strano che «chi ha fatto sparire la ragazza – osserva un investigatore – si faccia notare a due passi dalla casa di lei». A meno che «i responsabili – prosegue l’inquirente – non siano da cercare poco lontano dalla cerchia familiare». Anche Enrico Tironi, il 19enne poi denunciato per "procurato allarme", rivelò per primo di aver visto la 13enne discutere con due uomini vicino ad una Citroen rossa. Ora le parole del ragazzo vengono rivalutate dalla polizia, che le considerà decisive poiché sono state confermate da un’altro testimone. In giro per Brembate e per la valle Brembana ci sono infatti numerose pattuglie in borghese alla caccia di ogni utilitaria di colore rosso. Niente misteri nel computer o nella rubrica del cellulare. Sulle persone i cui nomi compaiono nella memoria del telefonino di Yara, una decina in tutto, non c’è alcun sospetto. E di amori adolescenziali nessuno ne sa nulla. Le investigazioni ripartono perciò dalla ricostruzione degli istanti che precedono la scomparsa del promettente talento della ginnastica.È in palestra che avviene la prima anomalia: Yara dopo aver consegnato uno stereo (usato per la ginnastica ritmica) alle sue istruttrici, contrariamente alle sue abitudini si allontana da un’uscita di sicurezza, posta negli spogliatoi femminili, opposta a quella che invece si affaccia sulla strada di casa. Nessuno nota Yara quando lascia il centro sportivo, ma tutti avrebbero potuto sentire le sue urla. Invece non accade nulla. «Se ha scelto di uscire da una porta inconsueta – si ripetono gli investigatori –, deve esserci un motivo». Tre cani specializzati nella ricerca "molecolare", confermano che "l’odore di Yara", dall’uscita laterale del centro sportivo conduce al gigantesco cantiere del nuovo centro commerciale di Mapello, un comune confinante. Lì la ragazzina non c’è arrivata a piedi. Le telecamere di sorveglianza di alcune aziende hanno registrato solo il passaggio di automezzi, nessun pedone. Yara avrebbe potuto essere in una di quelle auto, ma a causa del buio, del nevischio e della nebbia, i numeri di targa dei veicoli non sono ben visibili.Il comandante dei carabinieri di Bergamo, Roberto Tortorella, e il questore Vito Ricciardi sono stati dai genitori di Yara, per una visita che hanno definito «doverosa». Hanno voluto assicurare che le indagini «sono condotte all’unisono», tra militari e poliziotti. Per tutta la giornata gli investigatori hanno setacciato la vasta area industriale. Molti oggetti sono stati trovati, nessuno riconducibile a Yara.
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