venerdì 7 ottobre 2011
Gli ultimi tagli e il patto di stabilità stanno mettendo in ginocchio un settore vitale per le fasce più deboli e bisognose della società.
Perdita secca di Massimo Calvi
Napoli, addio welfare. Azzerata l'assistenza
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Se non siamo al default poco ci manca. In Italia il welfare - e cioè quel complesso sistema di servizi sociali indispensabili che lo Stato in gran parte promuove e finanzia - è in crisi. Perché il fondo riservato alle politiche sociali e quindi anche alle migliaia di soggetti che si occupano di bambini, di disabili, di anziani, di tossicodipendenti o di malati psichici, si è drasticamente ridotto. Fino al 70%.Ieri Avvenire è tornato a occuparsi del problema che si sta vivendo a Napoli e in Campania, dove rischia di essere azzerata l’assistenza. «Nel capoluogo campano – dice Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo settore, che riunisce soggetti che producono beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva – la drammaticità dei tagli al sociale si associa a una cronica difficoltà a organizzare le politiche di assistenza e cura». Comune e Regione «dovranno ripensare il rapporto tra sanità e assistenza, garantendo quanti operano con professionalità e assicurando il rispetto delle regole».Una strada condivisa da Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà di Confcooperative - 5.600 cooperative che danno lavoro a 210.000 persone -: «La situazione di Napoli è l’esasperata anticipazione di quanto accadrà in tutti i Comuni italiani dal 2013. L’aspetto più duro dei tagli degli ultimi 3 anni è che vengono colpiti servizi essenziali a causa di un’impostazione sbagliata delle politiche di riduzione delle risorse». Già, perché una cosa è adeguarsi ai tempi di magra. Altro è scegliere la politica dei tagli. «Il complessivo della spesa di Welfare (sanità e previdenza) assorbe il 26% del pil – aggiunge Guerini –, quella del welfare comunale lo 0,4%. A dimostrazione che la politica dei tagli lineari non incide in modo strutturale sulla famelica spesa ospedaliera, ma massacra i servizi fondamentali di welfare».Torniamo al territorio: se Napoli piange, le altre città non possono ridere: «Negli ultimi mesi – dichiara Olivero – la situazione è diventata drammatica ovunque, a causa dei tagli e del patto di stabilità che irrigidisce le capacità erogative degli enti locali». Dunque, evidenzia ancora Olivero, «dal Piemonte alla Sicilia assistiamo al rischio che le organizzazioni del Terzo settore che assicurano servizi in convenzione chiudano i battenti. Siamo alla sussidiarietà al contrario: il Terzo settore sostiene le casse dello Stato!».Le conseguenze? «Le minori risorse – informa Guerini – determineranno un peggioramento nei ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione (la media è di 300 giorni, con punte di 600). Un taglio dei servizi che al tempo stesso colpirà le esigenze crescenti della collettività e ridurrà l’occupazione». Anche le regioni più ricche soffrono: in Lombardia ed Emilia Romagna, «si stanno allocando risorse aggiuntive sul welfare per resistere, ma – ammette Olivero – è solo un modo per tamponare la falla».Le organizzazioni sociali provano a fronteggiare le emergenze. E gli enti locali? «Regioni e Comuni dovrebbero fare ancor più la loro parte – incalza Olivero – modificando il riparto delle risorse e privilegiando i servizi più utili. È in questi momenti che la politica deve fare delle scelte». Non sembra resti molto tempo per intervenire. «Siamo molto preoccupati – afferma il portavoce del Forum –. Non solo per le organizzazioni del Terzo settore ma per le conseguenze sociali dello sgretolamento cui stiamo assistendo». Lo sguardo di Olivero va oltre. Fino a scenari pericolosi: «Per ora l’Italia non ha conosciuto scontri di piazza ma non possiamo assicurare che questo presto non avvenga anche qui… Ci vogliono senso di responsabilità e forza innovativa per uscire da questo tunnel».Forza innovativa. Ma come tradurla in concreto? «La delega data al governo per la riforma assistenziale – conclude – potrebbe essere l’occasione buona per rimetter mano all’intero welfare e metter fine ai tagli lineari, ma a patto che non si voglia far cassa anche in questo caso. Il welfare non è spesa ma investimento: se il governo non capisce questo non ci sarà speranza di uscita».
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