domenica 2 settembre 2012
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La piccola comitiva - uomini, donne, bambini - arranca faticosamente sui sentieri che uniscono il Vallese svizzero alle valli meridionali del Monte Rosa. Sono gli anni attorno alla metà del XIII secolo. Vanno alla "conquista" di nuovi spazi vitali, portando non le armi (come  si usava normalmente a quell'epoca), ma gli attrezzi del lavoro. Non la  guerra, ma la civiltà. Erano gli "homines dicti Walser", come si legge  in una pergamena del 1317 di Galtur, nel Tirolo. I vallesani (Walliser e, per contrazione, Walser) sono i protagonisti della più importante migrazione  transalpina. Non soltanto verso Sud, ma anche verso Est, nel canton Grigioni,  nel Tirolo e nel Voralberg. Dove c'erano terre da dissodare, eccoli pronti  a lasciare l'altopiano vallesano di Goms, sul quale hanno temprato le loro  qualità per sopravvivere nelle terre più inospitali. Da quale defilata valle delle Alpi vi fossero arrivati, non è noto: le loro origini primitive  rimangono un buco. Ma non si tratta di un  Interrogativo rilevante per ricostruirne  i flussi migratori. Quelli fondamentali attengono invece all'epoca medioevale,  quando vengono sollecitati soprattutto dai monasteri che erano i maggiori  proprietari terrieri di quelle Alpi, ancora considerate quasi partibus infidelium. Così vanno a fondare villaggi dove in precedenza c'erano solo  alpeggi estivi. Una bella differenza sotto l'aspetto esistenziale poiché -anche se erano i secoli dell'optimum climatico - i loro insediamenti  vengono localizzati quasi sempre alle testate delle valli, nelle infames frigoribus Alpes. Un'antropologia dell'estremo.
Se la cavano benissimo, anche nei lunghi inverni successivi, quando sopravviene l'inversione termica  della Piccola Era Glaciale e le lingue dei ghiacciai si allungano a cancellare  non solo i sentieri, ma anche gli alpeggi. Alla rigidità del clima si aggiunge  quindi il protrarsi dell'isolamento, che li costringe non all'autarchia, ma alla rigorosa autonomia. Pastori, alpigiani, contadini, boscaioli.  In più, falegnami ed esemplari costruttori, sanno utilizzare sapientemente  i due elementi locali: sasso e legno. Uomini forzatamente multi-disciplinari,  anzi gli "uomini della montagna" per antonomasia, molto accorti anche nella  scelta dei luoghi ideali, lontani dai pericolo delle valanghe e delle frane. Il valore principale, connaturato alla loro civiltà, è quello della fatica. I verbi più coniugati sono stati "camminare" e "portare". Solo la solidarietà  permette di sopravvivere sotto cumuli di neve e la corretta fruizione del  territorio evita il più possibile il flagello delle valanghe e degli smottamenti.  Costruivano senza piani regolatori, ma con la mente e con il cuore, applicando  rigorosamente l'esperienza acquisita dagli anziani. Se necessario, per  evitare troppe bocche da sfamare in uno spazio territoriale esiguo e insufficiente,  ci si sposava in età avanzata. Cos'è rimasto della "walserità" protrattasi  con caparbio rigore per secoli? L'elemento meglio conservato è quello legato  all'edilizia tradizionale, fatta soprattutto di larice annoso e solido, con l'aggiunta di una serie di accorgimenti per difendersi dalle avversità climatiche e per favorire la lunga conservazione dei prodotti. Normalmente il pane veniva cotto una sola volta all'anno.Negli ultimi decenni, le  antiche usanze, i costumi tradizionali, le ricorrenze e i rituali religiosi  e la memoria del modus operandi hanno beneficiato di un diffuso recupero.  Questo patrimonio culturale è stato raccolto in una serie di musei etnografici, sia come doverosa opera di tutela a uso interno, sia come richiamo turistico.
I modelli di vita del passato sono improponibili e problematica appare  anche la conservazione della lingua, il "Tich", ossia un dialetto dell'antico  tedesco-svizzero, correntemente parlato fino all'inizio del '900 dalla  maggior parte delle comunità, pur con delle inflessioni locali. Alla fine  del '700 Saussure l'aveva chiamata "la sentinella tedesca del Monte Rosa". Durante il ventennio fascista l'omologazione linguistica ne ha ridotto  la pratica, come i matrimoni misti e la progressiva crescita del turismo.  Alcune località (in particolare Gressoney, Alagna, Rimella e Formazza)  l'hanno comunque codificato in appositi vocabolari, sviluppando anche una  serie di ricerche linguistiche. L'elemento identitario primario, come la  lingua, è comunque in declino. Ma appaiono soprattutto compromessi i valori  fondanti della civiltà walser. È l'indice più grave della crisi generale delle Alpi. Si è perso il bagaglio.
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