Si occupano soprattutto di assistenza sociale e sanità, organizzano ciascuna poco più di una decina di persone e, per la maggior parte, operano in ambito locale, di preferenza comunale. Sono le organizzazioni di volontariato, secondo il primo Report del Coordinamento nazionale dei Centri di servizio (Csv), realizzato in collaborazione con la Fondazione Ibm Italia e presentato ieri all’Expo di Milano. Complessivamente, il sistema ha censito 44.182 organizzazioni di volontariato (dato 2014), concentrate soprattutto in sei regioni del Centro-Nord (Lombardia, Toscana, Lazio, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto). La metà ha in media meno di sedici volontari, mentre appena il 15% ne ha più di 50 e soltanto il 10% ha una base associativa superiore alle 500 persone. Il 50% delle organizzazioni censite opera in ambito prettamente comunale, mentre esiste un 5% che ha come campo d’azione il territorio nazionale se non internazionale. A livello di attività, il 55% si occupa di servizi sociali e sanità, mentre gli altri ambiti sono la cultura, lo sport e il tempo libero. «Con questo rapporto – ha spiegato il presidente di Csvnet, Stefano Tabò – per la prima volta si armonizzano migliaia di dati raccolti dai nostri singoli Csv in un sistema conoscitivo unitario. L’obiettivo è affinarlo anno dopo anno per accrescere le informazioni sulle realtà del volontariato in Italia, non solo in termini qualitativi ma quantitativi. Uno strumento utile anche per Comuni, media, mondo accademico e donatori di risorse economiche». Secondo il sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba, intervenuto alla presentazione della ricerca, «questo lavoro ha il merito di obbligare tutti a pensarsi in una dimensione reticolare», ricordando che «è fondamentale la collaborazione tra mondo del volontariato e le imprese». Dal punto di vista prettamente storico, la ricerca evidenzia come lo sviluppo delle organizzazioni di volontariato si possa dividere in due fasi. La prima, di crescita costante va dal 1980 al 2007, con dei picchi di nuove iscrizioni nel 1991, in coincidenza con l’emanazione della legge quadro sul volontariato (266/91). Negli ultimi sette anni, anche a causa della crisi economica, si è invece assistito, si legge nel rapporto, a «una costante diminuzione dell’incremento annuale dei numero di organizzazioni di volontariato costituite». Per quanto riguarda la classe dirigente del volontariato italiano, essa è composta per i due terzi da uomini, ai quali è demandata la rappresentanza legale delle organizzazioni. La componente femminile è maggiormente presente nei settori dell’educazione, dell’istruzione e della ricerca (dove raggiunge il 50%), della tutela dei diritti e dell’assistenza sociale. «I quadri delle associazioni sono invecchiati – ha sottolineato il sottosegretario Bobba – e per questo è importante investire sul servizio civile. Gli attuali dirigenti delle associazioni sono parte di quella generazione che ha potuto andare in pensione con un’età in cui potevano ancora dare il loro contributo, mettendo a disposizione capacità e competenze – ha raccontato –. Dopo la riforma Fornero questo non è più praticabile. E allora il servizio civile può essere uno strumento per formare i futuri dirigenti del volontariato». A riguardo, Italia e Francia nei giorni scorsi hanno preso accordi per avviare un progetto-pilota per la mobilità dei giovani nel quadro del servizio civile che i due Paesi stanno sviluppando. «Penso che sia un investimento importante – ha aggiunto Bobba –. Si tratta di trovare nuove strade per arrivare a garantire un cambio generazionale nel mondo del volontariato».