sabato 25 agosto 2018
Il presidente della Fondazione per la sussidiarietà fa un bilancio dell'edizione 2018. «Diffidenze con M5s? Sono loro che rifiutano il dialogo. Il Meeting cambia con chi lo fa, più spazio ai giovani»
Giorgio Vittadini (Foto Gallini)

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Consiglia a Salvini di far sbarcare in fretta i profughi della Diciotti e accusa Grillo di 'pregiudizio'. Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà e uno dei fondatori di Comunione e Liberazione, con quest’intervista fa il bilancio del Meeting che si chiude oggi a Rimini.

Beppe Grillo dice che al Meeting è la tribuna dell’opposizione. I suoi ministri non ci hanno messo piede. Siete voi che non volete il M5s perché non vi fidate, dopo il caso di Fantinati, che nel 2005 fu invitato e gelò la platea con una filippica anti-Cl?

Mi pare evidente il contrario. È il M5s a non voler venire. Mica possiamo obbligarli. Grillo coltiva un pregiudizio e ci perde lui, perché la storia dimostra che persone diversissime – e con enormi pregiudizi – venendo a Rimini hanno incontrato una realtà aperta, con cui poter dialogare. Uomini, donne e tanti giovani che vivono i problemi di tutti e che per questo non possono essere ideologicamente così lontani.

Potrebbe accadere anche con il M5s?

Personalmente, la considero un’opportunità per chiunque, me per primo, ma questo perché sono contrario ad ogni idea manichea e giacobina della realtà. Presentarsi come l’unico puro in una società corrotta non paga mai: l’anno prossimo si celebrerà l’anniversario della Rivoluzione Francese la quale ci insegna che se tagli la testa agli altri, prima o poi, la tagliano a te.

Questo problema non sembra esserci con la Lega. Ha ragione chi dice che molti cattolici appoggiano Salvini?

Siamo da anni fuori dall’unità politica dei cattolici, tuttavia, fin da quando c’era la Dc, noi sosteniamo che quell’unità non si deve realizzare intorno a un partito, ma intorno all’esperienza cristiana che poi un politico riflette nelle sue proposte e nelle sue decisioni. Sui migranti ho idee diverse da Salvini: considero i migranti una risorsa del Paese, come abbiamo dimostrato al Meeting con le mostre e i convegni sui nuovi italiani.

Cosa pensa che debba fare il governo con i richiedenti asilo della Diciotti?

Esseri umani in quelle condizioni vanno salvati e accolti. Grazie a Dio ci sono ancora leggi che tutelano la vita delle persone. Poi si andrà a discutere con l’Europa.

Quindi consiglia a Salvini di farli sbarcare?

Sì, senza dubbio. Oltre tutto non capisco cosa serva tenere la gente sulla nave per affermare un principio: alla lunga non risolve un problema così complesso. Tatticamente e strategicamente non sono d’accordo.

Per il Meeting il 'cambiamento' è un valore positivo o negativo?

Se parliamo di ricambio generazionale penso che, da un certo punto di vista, un settantenne come Violante che porta avanti principi umani con un’autorevolezza da vendere valga più di un ventenne che non ha esperienza. D’altra parte, così tanti giovani hanno talenti ed energie eccezionali. Il problema del Paese è avere corpi intermedi in cui queste risorse possano crescere ed essere messe a disposizione di tutti. Questo è il valore del Meeting.

In che senso?

Il Meeting è un modello del dialogo possibile tra anime diverse che ha come obiettivo il bene comune. È un punto di discontinuità in un clima politico dominato da lotte tra fazioni. Ciò che serve al Paese sono aggregazioni che non si sclerotizzino e non diventino autoreferenziali, ma in cui non venga mai meno il desiderio di imparare, approfondire, costruire.

Non significa annacquare il cambiamento?

No, il contrario. In Italia ogni nuovo gruppo di potere da 25 anni a questa parte ripete il medesimo schema fal- limentare perché il cambiamento non poggia su una educazione della persona alla felicità. In tanti pensano che questo fattore sia marginale ma le esperienze che noi portiamo al Meeting dicono l’esatto contrario: il cambiamento deve iniziare nella persona per non essere una ripetizione dello stesso schema. Siamo in un cambiamento d’epoca come dice il Papa. Ma questo è anche un’opportunità: dopo trecento anni di antropologia negativa dobbiamo tornare a credere che è possibile, ad esempio, un’economia giusta, cioè un’economia per le persone e una politica fatta di partiti radicati nella popolazione e non in mano a uomini soli al comando: i problemi sono così complessi che richiedono squadre che lavorano insieme e partiti densi, non liquidi o leggeri, non massimalisti, che vivano la politica come arte del possibile e del compromesso.

Cosa pensate del cambiamento istituzionale invocato da Giorgetti al Meeting?

Che serve una riforma costituzionale ma che deve essere fatta da uomini alla De Gasperi. Non si può prescindere dal Parlamento se non si vuole accelerare una svolta autoritaria; il Parlamento può essere cancellato per legge ma anche di fatto, svuotandolo di poteri. Tuttavia penso che se non si inizia a pensare che gli altri sono innanzitutto un bene, non avremo vere riforme: guardate la Francia, Macron ha stravinto e ora è in caduta libera.

Il Meeting ha 40 anni: cambierà format?

Il Meeting cambia ogni anno perché è fatto da persone che desiderano crescere, imparare, riflettere. Dalla mostra Exoplanets alla MeshArea, molte delle esposizioni e delle iniziative di dibattito sono state curate da giovani tra i 20 e i 30 anni. Non fanno più i volontari ma pensano e fanno il Meeting. Per noi cambiare è innanzitutto rinnovare il soggetto che 'fa'. Chi fa il Meeting inoltre non è solo Cl ma sono soggetti diversi: Violante, Wael Farouk, Joseph Weiler, i giovani nuovi italiani, ciascuno di loro fa pezzi di Meeting. Questo cambierà anche il format: un Meeting giovane desidera anche lo street food oltre ai ristoranti e le app oltre che i pannelli nelle mostre.

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