lunedì 6 luglio 2009
La manifestazione di domenica ha preso il via con tre ore di ritardo e si è conclusa davanti alla base Usa. Prima della partenza alcuni giovani dal volto coperto, protetti da scudi di plexiglas, hanno tentato di forzare il blocco. Cinzia Bottone, consigliere comunale: sono stati i vicentini a scendere in strada.
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Scontri e tensione al massimo ieri pomeriggio a Vicenza al coreo contro l’allargamento della base Usa Dal Molin. Il popolo del “No Dal Molin”, contrario alla nuova base a stelle e strisce, non è riuscito, però, a penetrare all’interno dell’area in cui stanno per aprirsi i cantieri. Poliziotti e carabinieri (in totale 1.500 persone) li hanno fermati prima, presso la stretta di un ponte. La manifestazione (13mila partecipanti secondo gli organizzatori, meno di 10mila secondo la Digos), composta anche di numerose tranquille famiglie, non era ancora partita quando un gruppo di giovani con il volto coperto, e riparati dietro a scudi in plexiglas, ha tentato di forzare il muro delle forze dell’ordine davanti alla base. Sono partiti sassi e fumogeni. I tutori dell’ordine hanno risposto con una carica e lanciando lacrimogeni. Non contenti, i contestatori hanno cercato di guadare un vicino canale su  un’improvvisata passerella, ma anche in questo caso hanno dovuto fare marcia indietro.Il corteo in quel momento era bloccato. E lo è rimasto per tre ore. «Non vogliamo prendere botte», ha spiegato dal palco del presidio “No Dal Molin” Cinzia Bottone, consigliere comunale di Vicenza e leader del movimento. Alcuni giovani coinvolti negli scontri hanno ammesso: «Abbiamo cercato di allontanare i carabinieri con gli scudi, è quando hanno cominciato a manganellare abbiamo utilizzato i fumogeni, avevamo usato gli estintori come scudi». «Venga qui Obama – urlava dal megafono Olon Jackson, motore del corteo – c’è bisogno che ripristini la democrazia anche a Vicenza». La paura, intanto, montava oltre la strada, nelle case che ricevevano nel giardino fumogeni e lacrimogeni. Con seguito di piccoli incendi. Dopo una lunga trattativa, il corteo è potuto ripreso. In testa le donne del presidio contro la base Usa con lo striscione “No Dal Molin, yes we can”. Senza altri problemi è stata percorsa la strada che costeggia l’area del Dal Molin e l’aeroporto civile. Soddisfatta Cinzia Bottone: «Abbiamo lanciato un messaggio chiaro a Obama, se non ci ascolterà si troverà i “No Dal Molin” nel cortile della Casa Bianca». Secondo Bottone a manifestare è stato soprattutto il popolo di Vicenza. Anche se «si è aggiunto un gruppo – ha ammesso – che è stato presto neutralizzato». Il corteo si è concluso poco prima delle 20, sotto un violento temporale, in viale Ferrarin, dalla parte opposta rispetto all’ingresso principale della base. I motivi della contestazione alla nuova base Usa? Tanti, per il “No Dal Molin”. Ma ieri è stato enfatizzato soprattutto la circostanza che piste e strutture insisteranno «sopra l’ultima area verde di Vicenza, proprio sopra la falda acquifera – ha spiegato Marco Palma –: verranno piantati 5mila pali di 25 metri che avranno un effetto devastante sull’ambiente». Per Palma la manifestazione è un messaggio al presidente Barack Obama: «deve dirci se è normale che la democrazia di un Paese amico, come l’Italia, sia calpestata in questo modo». Amareggiato per la piega che ha preso la manifestazione, il sindaco di Vicenza, Achille Variati, con tante simpatie tra i No Dal Molin, ma che fino a qualche ora prima del corteo aveva raccomandato tutti a dare dimostrazione di non violenza. Alla fine il primo cittadino ha trovato però un motivo di soddisfazione: «La maggioranza della gente non ha seguito un gruppetto di provocatori».
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