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Dopo l'accordo sulle regole raggiunto la settimana scorsa, è iniziato oggi l'atteso tavolo del centrodestra attorno al quale i leader della coalizione discuteranno la bozza di un programma comune da presentare agli elettori. I tre partiti alleati hanno già reso noti i nomi dei dirigenti che se ne occuperanno: per Fdi ci saranno il senatore Giovanbattista Fazzolari e l'europarlamentare (co-presidente dell'Ecr), Raffaele Fitto. Per la Lega il responsabile sarà Armando Siri, affiancato dal capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo. Infine i nomi di Fi: Alessandro Cattaneo e Andrea Mandelli, vicepresidente della Camera. La riunione sarà aperta anche ai centristi di Coraggio Italia, Udc e Noi per l'Italia. Alcuni dei punti posti dai componenti dell'alleanza sono già noti.
Per Matteo Salvini, non si può prescindere dalla flat tax, dall'azzeramento della legge Fornero e dal ritorno ai decreti sicurezza. Senza dimenticare l'autonomia, rimasta in stand by, ha detto, per colpa di Pd e M5s. Mentre Giorgia Meloni ha fatto capire che il presidenzialismo è un orizzonte ormai irrinunciabile per il suo partito.
Il leader del Carroccio intanto è tornato anche sulla questione della leadership e si è mostrato ottimista circa l'esito del voto di settembre: «Lasciamo che votino gli italiani. Poi, se gli italiani scelgono il centrodestra e, nel centrodestra, danno un voto in più alla Lega - cosa di cui sono convinto - ognuno si prenderà le sue responsabilità. Io non mi sono mai tirato indietro».
Sullo stesso argomento si è poi espresso anche Antonio Tajani, presidente di Fi, per il quale, in caso di vittoria della coalizione, a Palazzo Chigi non potrà mai andare un premier «esterno» o tecnico.
Nella prima riunione sul programma, gli 'sherpa' del centrodestra si danno un "metodo" e decidono di rendere permanente il tavolo appena avviato. Poi, mettono nero su bianco la "totale condivisione" dei partiti della coalizione su tre punti: l'impegno dell'Italia a sostegno dell'Ucraina, la riforma costituzionale per trasformare l'Italia in una Repubblica presidenziale e l'approvazione dell'autonomia differenziata delle Regioni.
Alla prima riunione dovrebbero seguirne altre, focalizzate sui singoli temi. La discussione tecnica sui collegi invece dovrebbe riprendere domani mattina alle 10:30 a Palazzo Montecitorio, con una riunione tra dirigenti, esclusi i leader.
Nel corso dell'incontro di circa due ore si è registrata - recita la nota congiunta - "soddisfazione per il clima unitario riscontrato nella prima riunione del centrodestra sul programma di governo". "La coalizione che condivide valori, idee e battaglie identitarie ha posto al centro della sua agenda politica le emergenze che affliggono l'economia italiana - si sottolinea -, come l'inflazione, la crisi internazionale alle porte dell'Italia, la crisi energetica, il rincaro dei costi delle materie prime, e le misure da attuare nell'immediato".
"Totale condivisione" è stata espressa - si precisa - nel "ribadire il pieno rispetto degli impegni internazionali dell'Italia anche relativamente alla guerra in Ucraina, riforma presidenziale, autonomia".
I movimenti a sinistra
Sul fronte opposto a tenere banco è il dialogo Calenda-Letta che però non ha ancora prodotto risultati apprezzabili. Il fondatore di Azione ha continuato a pressare il Pd perché accetti di allearsi rinunciando alla compagnia tanto dei 5 Stelle quanto di Europa verde e Sinistra Italiana. Le condizioni poste da Calenda riguardano i collegi uninominali: per non scoraggiare i suoi elettori, Azione non vuole come candidati Luigi Di Maio, il segretario di Si Nicola Fratoianni e il coportavoce dei Verdi Andrea Bonelli.
Ma ha anche chiarito che se la risposta dei dem «sarà un "no" allora, caro Enrico Letta, la responsabilità della rottura sarà interamente tua e noi andremo a combattere a viso aperto con una proposta di governo credibile, nel proporzionale, per bloccare l'avanzata della Meloni. Io voglio sapere - ha continuato - se le condizioni di Azione e Più Europa gli sembrano assurde o no. A me sembrano il minimo sindacale per non mettere insieme una accozzaglia piena di idee diverse, totalmente incoerente e di scarsa qualità».
Le chances di un accordo fra Azione e Pd si giocano tutte in un faccia a faccia in programma domani, martedì, alla Camera alle ore 11.
Il segretario del Pd replica lanciando un appello: "Si proceda, senza veti reciproci, a costruire un'alleanza", perché "ogni divisione rappresenterebbe un regalo alla destra". Poi la replica sui candidati bocciati dal leader di Azione: "Questo tema del dare diritto di tribuna alle diverse anime del centrosinistra non è da dileggio o da prenderci in giro", perché "l'impegno del Pd è costruire alleanze che siano larghe e che ci consentano di essere forti e competitivi: noi vogliamo vincere, non partecipare".
Che poi non è solo un fatto di nomi. "Azione e Più Europa sono stimati al 4,4% in coalizione col Pd - calcola YouTrend - invece al 3,3% fuori dal centrosinistra". Ma è anche vero che una mancata alleanza costerebbe 16 collegi a centrosinistra e Azione/+Europa.
Meno dirimente appare il tema dei programmi. "Possiamo trovare punti di caduta positivi - ha spiegato il deputato Enrico Borghi, della segreteria Pd - Un esempio? I rigassificatori: per noi il tema è chiaro, vanno fatti". Proprio come chiede Calenda.
Nel disegno di Letta, l'alleanza larga comprende anche la forza creata da Luigi Di Maio, Impegno civico: "Il fronte riformista deve essere unito - ha detto il ministro degli Esteri - Lasciamo da parte ironie e i veti, la nostra risposta è unità".
In squadra con il Pd tornano gli ex, come Roberto Speranza, uscito per fondare Articolo Uno quando al Nazareno c'era Matteo Renzi. Ora Articolo Uno è cofondatore con i dem delle lista Democratica e progressista. Anche se con qualche distinguo: il Pd chiude al M5s, mentre 261 militanti e dirigenti locali e nazionali di Articolo Uno hanno sottoscritto un documento nel quale auspicano la costruzione di un'alleanza con Pd, M5S e Si-Verdi.
Resta per ora in stand-by Matteo Renzi, che mira a costruire una forza di centro con Calenda. Il Pd punterà molto sui sindaci. Che hanno discusso con Letta di 8 punti: "Ambiente, salute, lotta alla povertà, scuola, trasporti, semplificazione burocratica, sviluppo e sicurezza", ha elencato il sindaco di Firenze, Dario Nardella.