La società dei consumi di massa ha fatto cadere anche l’ultimo esile diaframma che proteggeva il consumatore dall’assedio dei venditori e dei pubblicitari, ovvero le mura di casa. L’imputato si chiama telefono. Le casalinghe, i pensionati, i liberi professionisti, coloro che svolgono un lavoro domestico conoscono bene il supplizio del «telemarketing », che spesso non cessa neppure durante il weeend, quando vorremmo goderci un po’ di sacrosanta tranquillità: uno stillicio di «drin» con cui call center e aziende le più varie si fanno vivi per proporre cassette di vini, prodotti finanziari, abbonamenti a club o a riviste, attrezzi ginnici, comunicazioni commerciali e chi più ne ha più ne metta. Insomma, grazie a telefono e telefonino, le televendite hanno invaso – e violato – anche il nostro spazio privato. La situazione è giunta a un tale livello di guardia da spingere il Garante per la privacy, ovvero la massima autorità in materia di protezione dei dati sensibili, a costituire una sorta di baluardo a difesa degli utenti telefonici, ovvero il Registro pubblico delle opposizioni. È questa la novità che dovrebbe consentire – a chi non vuol essere più disturbato – di smarcarsi dal fastidioso pressing dei piazzisti con la cornetta. Il provvedimento – pubblicato ieri nella Gazzetta ufficiale – istituisce quindi una «zona franca», appunto il Registro, gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni, dove gli abbonati che non desiderano ricevere telefonate pubblicitarie possono e devono iscriversi. Ma come assicurarsi che i nomi depositati nel fortino del Registro vengano effettivamente lasciati in pace? Per questo il Garante ha fissato, con intento deterrente, anche delle regole severe, limiti entro i quali le aziende dovranno stare. Innanzitutto c’è l’effetto tabù: le società che operano nel settore del telemarketing non potranno più contattare i numeri degli abbonati che si sono iscritti nel Registro. Nel caso in cui un utente abbia chiesto a un determinato operatore di non essere più chiamato, quell’azienda dovrà rispettare la sua volontà anche se l’abbonato non si è iscritto al Registro. La singola azienda che abbia invece ricevuto in passato il consenso dell’abbonato a ricevere telefonate promozionali, potrà contattarlo, anche se questi è iscritto nel Registro. Tale consenso, che dovrà essere documentabile per iscritto al Garante, potrà comunque essere ritirato in qualunque momento. Viene meno anche la possibilità di utilizzare le numerazioni telefoniche contenute nelle banche dati, senza aver prima acquisito un consenso ad hoc. E per quanto riguarda le numerazioni presenti in pubblici registri, elenchi, atti o documenti aperti al pubblico (per esempio gli albi professionali) esse potranno essere utilizzate solo se le telefonate promozionali risultino direttamente funzionali all’attività svolta dall’interessato. Il mancato rispetto delle prescrizioni dell’Autorità comporta l’applicazione di una salata sanzione che potrà raggiungere, nei casi più gravi, i 300mila euro. Basterà?