La manifestazione dei genitori freevax organizzata a Roma sabato 22 luglio. In piazza sono scese oltre mille persone
Comilva, Corvelva, Rav Hpv, Vaccinare informati, Condave. Il Coordinamento nazionale per la libertà di scelta, nato a maggio scorso per muovere insieme le azioni delle decine di Comitati locali. E ancora associazioni di genitori con bimbi malati, onlus, gruppi di medici e omeopati, il Codacons. C’è una fetta multiforme di società civile dentro il popolo degli “antivaccinisti” italiani, in queste ore alle prese con la battaglia contro il «fascismo sanitario» del decreto Lorenzin (l’espressione, dai vari gruppi Facebook e siti militanti, è finita in bocca persino al deputato bersaniano Adriano Zaccagnini). Punti in comune, almeno tre: la ferma convinzione che i vaccini siano i pericolosi tentacoli dei colossi farmaceutici (necessariamente considerati come nemici), l’antipatia verso il ministro della Salute Beatrice Lorenzin (e più in generale l’avversione verso «un governo di non eletti»), una buona dose di rabbia.
Gli “scontenti sanitari”: in 10mila a Pesaro
L’etichetta di “antivax” tuttavia, nel movimento, è mal sopportata: la posizione viene spiegata in ogni conferenza stampa o manifestazione, «non siamo contro i vaccini, siamo per la libertà di scegliere per i nostri bambini che con questo decreto ci viene negata». Di qui la decisione, presa a maggioranza, di ribattezzarsi “freevax”. Ed è con questa sigla che negli ultimi mesi, soprattutto online, sono stati chiamati a raccolta gli scontenti sanitari di mezza Italia: pochi forse, all’inizio, o sottovalutati. Tantissimi, nella realtà, se è vero che a Pesaro lo scorso 8 luglio ad affollare il Parco Miralfiore erano almeno in 10mila.
Sul palco della manifestazione, tra qualche personaggio famoso, a un certo punto è salito anche Thomas, il papà del piccolo Nicola, un bimbo gravemente disabile «a causa del vaccino obbligatorio – ha raccontato – e che lotta ogni giorno contro la sofferenza tenendosi aggrappato alla vita che gli è stata rubata». Thomas in passato aveva lottato perché il suo piccolo accedesse anche al tanto discusso (e poi condannato) protocollo Stamina: è, senza dubbio, tra le anime del movimento, al punto di aver ispirato anche la scelta del colore arancione per le magliette di chi manifesta. La sua testimonianza (qui il video integrale tratto da Facebook) presto è diventata uno sfogo contro «la violenza di un sistema istituzionale criminale genuflesso all’industria farmaceutica», un’arringa contro «un governo che non rappresenta il popolo italiano», infine uno slogan da stadio urlato a squarciagola da tutta la platea: «Giù le mani dai bambini maledetti assassini», e ancora «Libertà, libertà, libertà».
Il richiamo della politica
Il piatto, con evidenza, è ricco per richiamare l’attenzione della politica. Che proprio nei partiti più attenti alla “pancia” del Paese vede i principali sostenitori dei freevax: il Movimento 5 stelle e la Lega, tra i più agguerriti nel dibattito parlamentare contro il decreto Lorenzin. Così oltre che sulle piazze – affollate da Roma a Milano negli ultimi giorni, sabato toccherà a Trieste – è sui voti che i freevax hanno deciso di giocare la loro battaglia: «Rivedete il ddl Lorenzin. Siamo tanti e alle prossime votazioni ci penseremo bene per chi votare. No all’obbligo vaccinale» è il tenore delle migliaia di mail che settimana scorsa hanno intasato le cassette postali dei deputati al ritmo di 200 al giorno (a deputato, s'intende, e sono le meno esplicite).
Proprio contro il Movimento 5 stelle, per altro, negli ultimi mesi si sono spesso levate le proteste dei freevax che, a un certo punto, si sono sentiti traditi dalla posizione troppo “morbida” assunta dai grillini («Siamo favorevoli alla copertura vaccinale» si scrisse a chiare lettere sul blog di Grillo dopo un pesante attacco del New York Times, pubblicato in seguito all'epidemia italiana di morbillo). Un cambio di passo rettificato nelle ultime settimane, coi 5 stelle tornati alla riscossa sia in Senato che in Commissione Affari sociali alla Camera.
Veleni, feti abortiti e autismo: i contenuti della protesta
In molte delle lettere di protesta inviate alla Camera si ricordava anche la presenza, a Roma, di «una delegazione scientifica composta da sei persone tra cui il professor Stefano Montanari, la dottoressa Antonietta Gatti e il dottor Franco Trinca», che non sarebbe mai stata ricevuta o ascoltata dal governo: sono i nomi dei medici e degli studiosi sulle cui tesi si appoggiano la maggior parte delle perplessità del movimento.
Qualche esempio: la presenza nei vaccini di metalli nocivi alla salute (secondo una pubblicazione di Montanari e Gatti, che sono anche sposati, non si è indagato abbastanza su come l’eventuale penetrazione di questi metalli nel cervello possa essere correlata con l’autismo), l’utilizzo per la produzione di alcuni vaccini di linee cellulari provenienti da feti abortiti, l’insufficienza della sperimentazione sui vaccini (non sono controllati ergo non sono sicuri), l’assenza di studi indipendenti, il fatto che le malattie vengano ingigantite da governi e media. Gli argomenti vengono ciclicamente riproposti online, postati e ripostati nei gruppi Facebook, dove accumulano indisturbati centinaia di migliaia di like. E il popolo, sul web e nelle piazze, cresce.