Sempre meno studenti nelle università italiane. I dati dell'anagrafe degli
studenti del ministero dell'Istruzione, Miur, rivelano che rispetto
all'anno accademico 2004/2005 i diplomati che nell'anno corrente
hanno deciso di proseguire gli studi sono diminuiti del 27,5 % su
base nazionale.
Spostando la lente a sud la situazione è ancora
più critica: -56% Abruzzo, Molise -52,3 %, Sicilia - 50,7%,
Basilicata -49,4 Calabria 43,8%. Lo dice in una nota Link -
Coordinamento Universitario.
"Questa drammatica situazione- afferma Alberto Campailla-
portavoce di Link- non può stupirci. Essa infatti è il
risultato di precise politiche portate avanti nel corso degli
anni da tutti i governi che si sono succeduti. In sei anni di
tagli l'università ha perso quasi un miliardo di risorse e anche
per quest'anno il calo è di 87 milioni. E nel Def, il Documento di economia e finanza, sono previsti 32 milioni in meno sul Fondo di finanziamento ordinario, ogni anno da qui al 2023".
"Come sottolinea anche la Conferenza dei rettori italiani - ricorda Campailla - i vincoli sull'accreditamento degli atenei, uniti al parziale blocco delle
assunzioni, hanno portato un incremento dei numeri chiusi e a una riduzione delle possibilità per gli studenti di iscriversi all'università. Questi provvedimenti però non colpiscono allo stesso modo ovunque: i dati più drammatici infatti riguardano gli atenei meridionali che subiscono un crollo delle immatricolazioni. La difficoltà uleriore registrata al Sud è la fotografia di un paese che viaggia a due velocità diverse e della totale mancanza di interesse della politica per questo problema".
In questa situazione servono diverse innovazione, nota Campailla, tra cui "una legge sul diritto allo studio che parta da un complessivo rifinanziamento e si ponga l'obiettivo di uniformare le situazioni nelle diverse regioni, al fine di evitare il verificarsi di paradossi come quello siciliano, in cui manca una legge regionale sul diritto allo studio, che provocano forti disuguaglianze tra gli studenti dei diversi atenei italiani".
"E serve una riforma del sistema universitario- conclude
Campailla- che passi per un nuovo concetto di università e che
ponga la formazione superiore al centro dello sviluppo economico
e sociale del paese, a partire proprio dalle aree più deboli".