A venti giorni dall’approdo in aula del ddl sulle unioni civili il dibattito si infiamma, ma le posizioni restano sostanzialmente cristallizzate sui due punti più controversi: l’adozione del figlio del convivente omosessuale e, sul piano delle alleanze parlamentari, l’apertura del Pd a Sel e M5S. Ribadita ieri in un’intervista a
La Repubblica dal vicesegretario dem Deborah Serracchiani, dopo che analogamente si era espresso il giorno prima il pari grado Lorenzo Guerini. Sono le 'geometrie variabili' che servirebbero a portare a casa un provvedimento sul quale il leader del governo, Matteo Renzi, cerca di accelerare e al tempo stesso tenere insieme il partito di cui è segretario. Ma che non piacciono all’altro azionista di maggioranza, Area popolare. Molti esponenti centristi si rivolgono direttamente al premier. «Consegnerà alla sinistra più ideologica la soluzione unilaterale del problema delle unioni civili invece di lavorare a una buona legge che non laceri l’istituzione fondamentale della nostra società e dell’economia, quella famiglia che il governo dice di sostenere e alla quale ha dedicato provvedimenti importanti?», chiede il capogruppo alla Camera, Maurizio Lupi. Anche Dorina Bianchi lo invita a non schiacciarsi su Grillo. Per Paola Binetti il ddl Cirinnà «non riguarda solo i diritti delle coppie di fatto, mette in discussione l’intero impianto della famiglia e della nascita, di tutta la vita in definitiva». In Ncd ci sono anche posizioni sfumate. Con Fabrizio Cicchitto che ribadisce come ci sia libertà di coscienza e, pur ritenendo preferibile per il figlio avere un padre e una madre, si dice aperto a soluzioni di mediazione, con «una valutazione della storia delle persone, se uno dei due ha una storia precedente, ha un figlio o una figlia». L’invito a mediare è rivolto al Pd, al cui interno c’è una componente che insiste sull’affido rafforzato. Proposta che conterebbe, stando al presentatore dell’emendamento, Stefano Lepri, su almeno 25 senatori. Mentre la minoranza dem (ma anche molti renziani) ritiene che il ddl sia da votare così com’è. La linea del partito è quest’ultima, ha ribadito la Serracchiani. Ma è probabile che sulle due posizioni ci sarà battaglia alla direzione del partito di metà mese. A pochi giorni dall’inizio della discussione nell’aula di Palazzo Madama il 26 di questo mese. Sono peraltro in molti a non gradire l’accelerazione impressa alla vicenda da Renzi. Anche Gian Luigi Gigli (Demos- Cd) lo prende di petto: «Sbaglia a sostenere il ddl nella sua veste di premier». Il testo, continua, non è votabile per buona parte della maggioranza e dello stesso Pd, mentre passare a maggioranze diverse è «inaccettabile». Per Gigli, che è anche presidente del Movimento per la vita, non basta stralciare l’adozione, «se l’utero in affitto non diventa un reato perseguibile internazionalmente». In più, il testo ricalca troppo il matrimonio. Opposte le ragioni di Sel. «Dipende dal testo, discuteremo», dice la deputata Marisa Nicchi. Ma avverte, «per aumentare i diritti, non certo per fare pasticci, mediazioni al ribasso sulle questioni di libertà». Sull’apertura del Pd a M5S tagliente l’ironia della forzista Deborah Bergamini, che rispolvera un detto toscano, quello dei ladri di Pisa che litigano di giorno, ma di notte vanno insieme a rubare.