sabato 1 ottobre 2011
COMMENTA E CONDIVIDI

La passione attraversa le parole, i gesti, gli occhi di Eugenia Carfora. Tiene insieme i pensieri, argina il dolore - più acuto se si mescola con la mortificazione dell’impotenza - straripa oltre un’umanissima pietas che oggi pochi riconoscono o comprendono. Amore per l’insegnamento, per la scuola, per la cura delle giovani vite che le sono affidate, da indirizzare e accompagnare. Eugenia Carfora è donna e preside e le due essenze si mescolano. Amalgama che si fa indignazione se entra in contatto con le ingiustizie e con le inefficienze di una società cristallizzata in opportunismi e superficialità nelle azioni e nei valori. Ad ogni inizio di anno scolastico denuncia le carenze del macchinoso sistema che muove il mondo della scuola. Anche in questo difficile settembre di tagli e di manovre economico-finanziarie. La sua scuola, l’Istituto comprensivo - dall’infanzia alla secondaria - "Raffaele Viviani" a Caivano, nell’elenco non scritto delle scuole di frontiera, non ha docenti a sufficienza per garantire insegnamento e continuità didattica: in totale trentuno posti vacanti che non consentono a buona parte dei 462 alunni di usufruire a pieno del diritto allo studio. Insegnanti che, se riescono ad oltrepassare la soglia della "Viviani", come supplenti temporanei non di più, se ne vanno perché incinte, perché hanno bambini piccoli o genitori anziani da accudire, perché senza esperienza. «Qui arrivano gli ultimi della graduatoria - spiega la preside. - Invece abbiamo bisogno di docenti motivati che credono nell’insegnamento come missione. Per le "aree deboli", come la nostra - propone - occorrono graduatorie mirate». Alla sua richiesta di insegnanti hanno risposto dalle regioni del Nord tanti docenti pronti a trasferirsi a Caivano: manifestazioni di solidarietà che commuovono e rinfrancano Eugenia Carfora anche se le difficoltà rimangono per i bambini e i ragazzi che già privati di molti diritti se ne vedono negare altri.  L’istituto "Viviani" ha plessi distaccati in varie zone del territorio di Caivano, popolosa cittadina nell’hinterland Nord di Napoli, che soffre dei disagi e del degrado comuni ai centri che costituiscono la cintura metropolitana del capoluogo. La sede centrale si trova nel cosiddetto Parco Verde, agglomerato senz’anima e senza fulcro di casermoni post terremoto dell’80, dove le vite sono ammassate l’una addosso all’altra, promiscuità intaccabile nata e sostenuta dall’istinto di sopravvivenza. È la periferia che si nutre dei mali che essa stessa genera. Primo fra tutti la povertà feroce, che consuma, che non dà speranza e non chiede dignità. Qui la criminalità organizzata dà pane e lavoro, sostegno e denaro. È la mater amorosa che cura ogni malattia, che sfama ogni voglia e che in cambio chiede e ottiene fedeltà assoluta. «Il vero dramma - osserva Eugenia Carfora - è che le amministrazioni e le istituzioni locali, a tutti i livelli, di ogni competenza e responsabilità, non organizzano il territorio come invece dovrebbero fare». Sempre indietro con i tempi, sempre in affanno, a rincorrere problemi che continuano a sfuggire ingigantendosi ogni passo in avanti. Quando Eugenia Carfaro è arrivata come preside alla "Viviani", nel 2007, la scuola era una giungla da bonificare: dall’erba alta che la soffocava all’organizzazione inesistente. Oggi l’istituto conta quattordici laboratori - c’è anche una sala multisensoriale per i bambini disabili - il tempo pieno e il tempo prolungato, però inutili e inattivi perché sono pochi gli insegnanti. La mattina fa il giro delle case per svegliare i ragazzi e accompagnarli a scuola, eppure vorrebbe mandarli via dal Parco Verde: lontano dove, dice, può esserci un’alternativa. «Ho chiesto il laboratorio dei mestieri - chiosa la preside - per dare una concretezza lavorativa ai ragazzi». Con un diploma in tasca che gli valga come passaporto per la società. Elettricisti o falegnami o meccanici, pur di toglierli dalla strada e vederli riappropriarsi della vita che gli spetta.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: