Dalla Salerno-Reggio Calabria, all’Alta velocità ferroviaria, ai lavori per l’Expo. Una decina di maxiappalti che hanno portato agli arresti l’ex responsabile della missione per le 'Grandi Opere' del ministero dei Lavori pubblici e altre tre persone. Un indagine, quella in corso a Firenze, nella quale sono indagate 51 persone e che getta altre ombre su tutti i principali cantieri pubblici italiani, lambendo alcuni esponenti di governo, tirati in ballo nelle intercettazioni ma al momento non indagati, e tirando in ballo ex esponenti politici finiti a fare i manager. La procura toscana, che da anni indaga sui 'grandi appalti', insieme al Ros dei Carabinieri ha quantificato in 25miliardi di euro la torta su cui un gruppo di imprenditori e faccendieri ha messo le mani. Un 'Sistema', questo il nome dato all’inchiesta, messo a punto negli anni e che coinvolge vari livelli decisionali. Di politici sottoposti a indagini non ce ne sono. Ma l’ordinanza con cui ieri sono state arrestate quattro persone è solo il primo capitolo. I quattro sono indagati a vario titolo per «induzione indebita, corruzione, turbata libertà degli incanti e turbata libertà di scelta del contraente». Il principale arrestato è Ercole Incalza, fino alla fine del 2014 a capo della struttura di missione del ministero dei Lavori pubblici che si occupava della grandi opere, «la cui direzione veniva spesso affidata all’ingegner Stefano Perotti, in virtù di un accordo secondo noi illecito», ha detto il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo. «Il modus operandi criminale», secondo i pm, prevedeva che «le società consortili aggiudicatarie degli appalti delle cosiddette grandi opere fossero indotte da Incalza a conferire a Perotti o a professionisti a società a lui riconducibili, incarichi di progettazione e direzione dei lavori». Perotti avrebbe anche influito illecitamente sull’aggiudicazione dei lavori di realizzazione di centri direzionali aziendali, tra cui quello dell’Eni a Milano. Incalza, secondo un portavoce del ministro dei Lavori pubblici Maurizio Lupi, è in pensione dalla fine dell’anno scorso e non ha più alcun rapporto di lavoro col ministero. Lupi (che aveva confermato nell’incarico Incalza a inizio 2014), ha assicurato «massima disponibilità e collaborazione» ai pm. Ma nell’ordinanza è citato anche il figlio di Lupi, quale beneficiario di presunti favori: «Non ho mai chiesto all’ingegner Perotti né a chicchessia di far lavorare mio figlio. Non è nel mio costume e sarebbe un comportamento che riterrei profondamente sbagliato», ha reagito Lupi ricordando che il figlio «si è laureato al Politecnico di Milano nel dicembre 2013 con 110 e lode dopo un periodo di sei mesi presso lo studio americano Som (Skidmore Owings and Merrill Llp) di San Francisco, dove era stato inviato dal suo professore per la tesi. Appena laureato ha ricevuto un’offerta di lavoro dallo stesso studio per la sede di New York». In attesa del visto per lavorare negli Stati Uniti (un primo visto l’ha ricevuto nel giugno 2014, subito dopo il matrimonio, per ricongiungimento con la moglie che è ricercatrice in Italia e in America), «ha lavorato da febbraio 2014 a febbraio 2015 presso lo studio Mor di Genova con un contratto a partita Iva per un corrispettivo di 1.300 euro netti al mese. Nel gennaio 2015 gli è stata reiterata l’offerta dello studio Som, gli è quindi finalmente arrivato il visto e dai primi di marzo mio figlio lavora a New York», ha concluso Lupi. Nelle 268 pagine di ordinanza firmata dal gip Angelo Antonio Pezzuti, alcuni degli intercettati fanno riferimento a un vestito sartoriale per il ministro Maurizio Lupi e un Rolex da 10mila euro al figlio, in occasione della laurea del giovane. A regalare il vestito al ministro sarebbe stato Franco Cavallo, uno dei quattro arrestati, che secondo gli inquirenti aveva uno «stretto legame » con Lupi tanto da prodigarsi per «favori al ministro e ai suoi familiari». «Da una telefonata del 22 febbraio 2014 - si legge nell’ordinanza - emerge che Vincenzo Barbato», un sarto che avrebbe confezionato un abito per Emanuele Forlani, della segreteria del ministero, «sta confezionando un vestito anche per il ministro Lupi ». Al figlio Luca, invece, sarebbe stato regalato un orologio. «Va segnalato - scrive il giudice - il regalo fatto dai coniugi Perotti al figlio del ministro Lupi in occasione della sua laurea: trattasi di un orologio Rolex del valore di 10.350 euro che Stefano Perotti (arrestato ieri, ndr) fa pervenire a Luca Lupi tramite Franco Cavallo». Gli episodi, che in sé non costituiscono reato tanto da non venire contestati a Lupi, secondo gli inquirenti sono però sintomatici di quel 'Sistema' adoperato dagli indagati per ottenere la considerazione di chi poteva decidere le sorti degli appalti. «Ognuno - ha detto Maurizio Lupi – risponderà degli errori fatti se li ha fatti, ma non possiamo fermare le grandi opere. Siamo al fianco della magistratura». Attraverso i suoi canali Incalza avrebbe sponsorizzato la nomina di viceministro alle Infrastrutture per Riccardo Nencini. È quanto emerge da un’altra telefonata intercettata il 17 febbraio 2014. «Dopo che tu hai dato... hai coperto...hai dato la sponsorizzazione per Nencini...l’abbiamo fatto viceministro», dice Lupi a Incalza. E Nencini ieri ha commentato parlando di «millantato credito da parte di qualcuno». Tra l’altro anche l’ex delegato pontificio per la Basilica del Santo a Padova, monsignor Francesco Gioia (non è indagato), secondo i pm si sarebbe attivato per caldeggiare un appalto. I carabinieri hanno compiuto perquisizioni in diverse città, e in particolare presso «il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Rfi, Anas International Enterprises, le Ferrovie del Sud Est, il Consorzio dell’autostrada Civitavecchia-Orte-Mestre, l’autostrada regionale Cispadana e l’autorità portuale Nord Sardegna».