sabato 10 ottobre 2009
La Fondazione Agnelli presenta una fotografia aggiornata sulla mobilità dei docenti nel nostro Paese. Al Nord solo il 19% di docenti dal Mezzogiorno. La domanda di lavoro resta alta nelle regioni settentrionali e crolla nel Meridione.
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L’insegnante con la valigia si sposta dal Mezzogiorno al profondo Nord solo perché nel Meridione gli studenti sono sempre di meno. Lo fa per neces­sità, non certo per opportunità. Non si tratta di un esodo, ma di u­na scelta obbligata per guadagna­re punti in graduatoria. In molti casi è un precario, alla ricerca di stabilità. E davanti a sé trova clas­si ormai abituate a cambiare uno o due professori ogni anno, con tanto di problemi didattici conse­guenti. È l’immagine di una scuo­la a due velocità quella che emer­ge dal rapporto della Fondazione Agnelli, con al centro il discusso tema della mobilità dei docenti. Chi sono gli insegnanti con la va­ligia? Come e perché si spostano da un istituto all’altro? Esistono squilibri tra Nord e Sud e come in­fluiscono sull’occupazione del personale docente? Nell’ultimo anno scolastico, su 852mila inse­gnanti al lavoro, ben 209mila han­no cambiato sede scolastica ri­spetto all’anno precedente. Siamo al 25% e poco consola il fatto che nelle rilevazioni precedenti il va­lore fosse di due punti percentua­li superiore. No ai luoghi comuni Il cambio continuo di sede per i docenti è un fenomeno « demen­ziale » . Parola del ministro dell’I­struzione Mariastella Gelmini, che nel settembre scorso bollò così la notizia di cambiamenti per uno studente su tre, all’inizio del nuo­vo anno scolastico. Sgombriamo subito il campo da possibili equi­voci, fatti filtrare nell’estate scor­sa anche in ambienti politici: la mobilità dei professori è un fatto che non attiene a presunte diffe- renziazioni o discriminazioni ter­ritoriali, ma alla logica di recluta­mento storicamente in vigore nel mondo della scuola. Secondo la Fondazione Agnelli, solo il 19% de­gli insegnanti di ruolo nati al Sud lavorava, nell’anno scolastico 2008/ 2009, in una scuola del Nord, anche se « assai più elevata – scri­ve il rapporto – è la percentuale di insegnanti di origine meridionale nelle graduatorie provinciali a e­saurimento delle regioni setten­trionali » . Come si vede, siamo ben lontani dalla presunta « invasione » di prof siciliani, calabresi o pugliesi nelle classi del Friuli o del Pie­monte, o dalla necessità di test sul dialetto e la storia locale, come e­vocò nel luglio scorso la Lega. Del tutto privo di fondamento, poi, è lo scenario sulla « mobilità di rien­tro » , da Nord a Sud: il numero di domande effettuate è risultato in­feriore a 500 ( solo l’ 1%), il che « smentisce convincimenti talora presenti nell’opinione pubblica e nelle forze politiche » . Occorre in­vece ribadire con schiettezza, so­stengono i ricercatori della Fon­dazione Agnelli, che « una delle più vistose patologie della scuola ita­liana » è proprio la « discontinuità didattica » . Diverse ricerche han­no mostrato, infatti, che al cresce­re della mobilità dei prof da una cattedra all’altra, peggiorano i ri­sultati degli studenti. Il trasferi­mento di un insegnante di ruolo può essere volontario ( e in questo caso l’obiettivo è avvicinarsi a ca­sa o insegnare in un istituto di maggior prestigio) oppure indotto e obbligato dalle inerzie del siste­ma scolastico. Differente è il di­scorso per i prof a tempo determi­nato, i cosiddetti precari: i trasfe­rimenti sono stati 66mila, pari all’ 8%, e in questo caso l’assegna­zione a una sede è determinata dai punteggi e dai meccanismi delle graduatorie. Gli squilibri? Dovuti agli studenti Va detto peraltro che i tempi di at­tesa per l’inserimento in ruolo so­no più « brevi » al Nord rispetto al Sud: in Lombardia l’assunzione a tempo indeterminato di un do­cente avviene a un’età media di 39 anni, in Campania a 42. Ma la maggior facilità nell’ottenimento di una cattedra stabile nelle regio­ni settentrionali è solo una faccia della medaglia: l’altra è costituita dal progressivo squilibrio tra gli studenti presenti nelle classi. A li­vello nazionale la popolazione stu­dentesca è complessivamente di­minuita di circa 12mila unità, ma mentre nel Nord Est, nel Nord O­vest e nel Centro Italia gli studen­ti crescono rispettivamente di 18.500, 19.500 e 2.500 unità, la ve­ra grande diminuzione riguarda il Sud, con circa 52mila studenti in meno. Al di sotto di Roma, dun­que, le classi si svuotano, scom­paiono o vengono accorpate e, per chi voglia insegnare, diventa au­tomatico spostarsi laddove la do­manda di sapere c’è: al Nord, sem­pre più sostenuta dai ragazzi im­migrati che popolano le nostre città. Da qui parte il lungo viaggio dell’insegnante con la valigia, che ancora troppo spesso si rivela un percorso a ostacoli in cui il tra­guardo rimane un miraggio lonta­no.
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