ROMA Da una costola della piazza del 30 gennaio nasce il 'Popolo della famiglia', movimento politico che intende presentarsi alle prossime Comunali nelle principali città, ma anche in centri medio-piccoli. Saranno 300 le liste sotto il logo costituito da una famiglia - papà, mamma e due figli - disegnata su sfondo blu e in grande il nome del partito, sormontato dalla scritta 'No al gender nelle scuole'. L’iniziativa è di due membri del Comitato organizzatore della manifestazione: Mario Adinolfi, ex deputato del Pd, e Gianfranco Amato, presidente dell’associazione 'Giuristi per la vita'. Adinolfi dice ad
Avvenire che si candiderà a sindaco nella Capitale e conta di pre- sentare 300 liste in tutta Italia. Lo sforzo è «titanico», ma il giornalista e blogger è ottimista, visto che, sottolinea, già in poche ore ha avuto la disponibilità di 5mila persone ad attivarsi. «Dobbiamo trovare una buona coniugazione tra questa legittima iniziativa e il Comitato, perché sia chiaro che questo non è il partito del Comitato», sottolinea ad
Avvenire il portavoce Massimo Gandolfini. L’annuncio è arrivato ieri mattina dalle pagine del quotidiano on-line
La Croce, diretto dallo stesso Adinolfi, che ha pubblicato una lettera- appello, in cui - alla luce dell’ok alle unioni civili con i voti di senatori cattolici - si sottolinea l’esistenza di un «problema di rappresentanza ». E, nonostante fosse chiaro il profilo più politico di Adinolfi rispetto agli altri membri del Comitato, c’è stata un po’ di sorpresa, visto che giusto mercoledì alcuni promotori del raduno, a una tavola rotonda a Roma, avevano sì discusso su cosa fare, dopo il successo delle manifestazioni profamiglia, ma escluso di fondare un partito. Ora con Adinolfi e Amato ci sarà un confronto - chiesto da Gandolfini - in questo fine settimana. Il Comitato - distingue il portavoce, che ha più volte detto di non volersi impegnare direttamente in politica - «ha un compito culturale, formativo e anche politico, alto, per tradurre in pratica i principi». Come «il rispetto della democrazia», alla luce del quale va letto l’appello sui referendum istituzionali. Anche Simone Pillon, altra voce di 'Difendiamo i nostri figli', ricorda l’esigenza di «una fase costituente» e chiede di riconoscere la leadership di Gandolfini. Cosa che Adinolfi - il quale rimarca l’«unità di intenti» nel cercare di fermare le unioni civili alla Camera non ha difficoltà a fare: «Lui è la nostra riserva istituzionale. Ha conquistato sul campo una credibilità che andrà spesa, magari non nell’agone politico immediato». Ma perché partire ora? «Mancano 69 giorni per raccogliere decine di migliaia di firme. Mi sarei volentieri iscritto a un movimento fondato da altri. L’ho detto al Circo Massimo e ne resto convinto: senza chiedere il consenso sulle istanze che abbiamo avanzato, il processo resterebbe monco».