Leonardo Becchetti e Stefano Zamagni, tra i promotori del Manifesto dei cattolici per una nuova aggregazione politica
Nel mezzo della tempesta politica che ha visto sparire o quasi le forze moderate dentro e fuori il Parlamento, prende corpo il Manifesto – che ha raccolto quasi 500 firme – per una nuova aggregazione rivolta a «credenti e non credenti» e che punta a offrire agli elettori la rappresentanza di quel «pensiero forte» che fa riferimento «ai principi della Costituzione, del Pensiero sociale della Chiesa e delle varie dichiarazioni sui Diritti dell’uomo».
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Non è un nuovo partito, o per lo meno non lo è ancora. Il percorso è lungo, «deve passare attraverso diverse fasi», spiega Giancarlo Infante, uno dei coordinatori di Politica Insieme (di cui fa parte Stefano Zamagni), che sta lavorando al progetto con Rete Bianca (che riunisce ex parlamentari Dc come Lorenzo Dellai, Lucio D’Ubaldo, Enzo Carra e Andrea Olivero e di cui è portavoce Dante Monda) e Costruire Insieme dell’ex senatore Ivo Tarolli. L’idea è di arrivare alle amministrative imminenti con delle «liste elettorali – dice ancora Infante – in cui confluiscano cattolici, laici e gruppi civici». E proprio a dimostrazione che non vuole essere l’ennesimo fuoco di paglia, entro novembre potrebbe vedere la luce un documento programmatico anche per fornire una base a chi, sul piano locale, vorrà eventualmente cimentarsi alle urne.
Di fronte ai partiti esistenti, i sostenitori del progetto sono molto critici, convinti che non possano a oggi dare risposte a quella base che vorrebbe uscire dalla fase critica del Paese, ma non vede proposte credibili. L’estremismo di Salvini, è il ragionamento di partenza, non offre certamente soluzioni equilibrate per «la tutela della vita e dei valori dell’accoglienza», concentrato com’è sugli immigrati (che sono «un fenomeno mondiale») e su risposte antieuropee. Non sono dunque le ostentazioni dei rosari a impressionare i moderati. Forza Italia, invece, rappresenta più che altro un bacino di consensi, visto che il partito di Berlusconi appare al tramonto, ma le esigenze dei suoi vecchi elettori restano tutte. Quanto al Pd, il riferimento non è così scontato, viste le posizione spesso sposate a sinistra senza possibilità di confronto. Né convince del tutto l’operazione di Renzi, considerata «verticistica».
«La nostra è una sfida in più» rispetto a Italia Viva, spiega l’economista Leonardo Becchetti (tra i promotori del soggetto). «Rispetto a Renzi – ragiona Becchetti – il Manifesto vuole dire che c’è bisogno di uno scatto, di un passo avanti ancora maggiore, sebbene il suo tentativo rappresenti una mossa in quella direzione ». Insomma, incalza Becchetti, «il Manifesto è un copione in cerca di autore per vincere la sfida contro il populismo e il sovranismo, che sono la risposta sbagliata al disagio dei ceti medi e più deboli. Se l’autore di questo copione sarà un nuovo partito popolare o una realtà già esistente che lo sposa questo si vedrà».
Attorno al progetto ruota il mondo dell’associazionismo cattolico e non, che in molti, specie nel centrosinistra (ma ora anche nel M5s) cercano di 'scritturare' già per le prossime amministrative. «Chiaramente – spiega Dellai – il Manifesto e il percorso politico che presuppone è ontologicamente alternativo alla destra, questo è del tutto chiaro. Ma l’obiettivo non è quello di contrastare o di essere strumentali rispetto alle contingenze della politica». Piuttosto si studia la possibilità di trovare «forme, spazi e linguaggi nuovi per dare attualità a una cultura politica che noi pensiamo abbia ancora molto da dare. Per De Gasperi il centro doveva avere un confine invalicabile a destra, e noi dobbiamo rimanere su questa convinzione».