mercoledì 12 ottobre 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
Qualcuno l’ha definita la tassa per stare fermi. Non c’è dubbio che trovare un parcheggio in città, di questi tempi, sia un’impresa difficile. Lo dice anche una recente statistica internazionale: fra tutti gli automobilisti itineranti alla ricerca di un posto auto, quelli italiani (milanesi e romani in testa) sono messi peggio di quelli del Cairo. E una volta trovato il posto, ecco che scatta la seconda parte della delusione. Nonostante il codice della strada sia chiaro, preciso e circostanziato, quando si tratta di applicare le norme qualcuno sembra dimenticarsene. O le interpreta a modo proprio. Per cui, nonostante la legge e il Codice della Strada prevedano un terzo dei posti disponibili a pagamento, un terzo per i residenti e un terzo libero per tutti – norma ribadita anche da una sentenza della Cassazione – di fatto in alcune nostre città sono spuntate solo strisce blu a profusione, il colore degli spazi a pagamento (mentre il bianco è quello degli spazi liberi e il giallo quello dei posti riservati). Se provate a dare uno sguardo alle strisce dei vari centri storici, vi sembrerà quasi di attraversare la città dei puffi: tutto dipinto di blu.Insomma, la norma c’è (la suddivisione dei posti auto) ma le pubbliche amministrazioni spesso la rispettano solo formalmente ripartendo in maniera impropria i parcheggi. E qui si arriva alla seconda parte della tassazione beffa: il costo. In una piccola città di 30mila abitanti, del sud Italia, i bilanci comunali dicono che per 300 posti auto a pagamento a disposizione, a 60 centesimi l’ora, l’incasso è stato di circa 400mila euro all’anno. Ora, se prendiamo città come Milano o Roma, dove i posti auto a pagamento sono alcune migliaia e il cui costo orario va da 2,50 euro nelle zone centrali ai 1,20 euro in quelle semicentrali, si capisce subito di che proporzioni siano gli incassi che arrivano ai Comuni (peraltro sempre in cerca di fondi in tempi di tagli). Da città a città, comunque, cambiano norme, orari e tariffe. In centro a Bologna siamo sui 2,40 euro, a Milano come detto 2,50, a Rimini 0,77 mentre a Foggia 0,70, dove il Comune, nel 2010, vantava crediti per 1 milione e 440 mila euro di pagamenti dalla società appaltatrice dei posti auto.E arriviamo così alla terza questione. La gestione dello spazio pubblico di parcheggio viene in alcuni casi affidata a società private che riversano ai Comuni solo parte degli incassi. Il danno e la beffa: spazio pubblico, di tutti, e incassi in buona parte privati, ovvero di pochi. Gli enti locali giustificano le scelte con l’esigenza di scoraggiare il traffico, potenziare il trasporto pubblico e ottenere così anche una riduzione dell’inquinamento. Ma i risultati sono discutibili.Visto che la legge parla genericamente di “carreggiata” infatti, anziché ricavare gli spazi parcheggio a lato della strada, si sono in molti casi ristrette le corsie, ricavandone posti auto a pagamento, con l’effetto di rendere il traffico più caotico e lento e quindi far crescere l’inquinamento ambientale. A Parma, due anni fa, se ne è accorto un avvocato che, difendendo il proprio assistito da una multa per divieto di sosta, è riuscito a far saltare tutta la sistemazione dei parcheggi a pagamento, obbligando a una rivisitazione generale. Così, se le politiche degli enti locali per la limitazione del traffico e la riduzione dell’inquinamento hanno dato finora risultati tutti da verificare, l’unica certezza è che l’automobilista italiano, anche quando vuole lasciare l’auto in sosta e prendere i mezzi pubblici, deve pagare – salato – il diritto di fermata.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: