venerdì 21 marzo 2025
Un altro caso dopo quello di Al Masri. Protagonista è Al Kikli che a Roma ha fatto visita in ospedale al ministro degli Interni Amer. L'ong: accusato di 501 episodi di tortura. Schlein: Meloni spieghi
Al Kikli insiema al ministro degli Interni Adel Juma

Al Kikli insiema al ministro degli Interni Adel Juma - Ansa

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Dopo Al Masri, un altro esponente del regime libico in Italia. E non per la prima volta. A pochi mesi dall'apparizione del luglio scorso, in occasione della finale del campionato libico ospitata dall'Italia, è tornato a Roma Abdel Ghani al-Kikli, meglio conosciuto come Gheniwa, dal 2021 capo dello Stability support apparatus, milizia attiva a terra e a mare, per l'Onu «ripetutamente coinvolta in violazioni e abusi» e per il dipartimento di Stato Usa responsabile di «crimini contro l'umanità nelle prigioni di Ayn Zarah e Abu Salim». A denunciarlo è il dissidente libico Husam El Gomati che su X pubblica una foto che ritrae Al-Kikli, insieme ad altre persone, intorno ad un letto d'ospedale (probabilmente l’European Hospital dell’Eur) dove è ricoverato il ministro libico degli Affari Interni, Adel Jumaa Amer.

El Gomati scrive su X che il miliziano «è accusato di tortura, sparizioni forzate e uccisioni e sarebbe nella lista dei ricercati della Cpi, secondo alcune fonti». Al-Kikli sarebbe atterrato a Fiumicino intorno alle 18 del 20 marzo, accompagnato da una delegazione libica di alto livello, che poi compare nella foto pubblicata dal dissidente libico.

Anche l'ong 'Refugees in Libya', in un post su X, conferma la presenza nel nostro Paese e la pericolosità del soggetto contro cui «pende una denuncia presentata da Ecchr alla Corte penale internazionale, in cui viene accusato di almeno 501 episodi di torture, stupri, omicidi e sparatorie». Refugees in Libia sostiene che Al-Kikli sarebbe arrivato insieme ad altri alti funzionari del governo libico, «inclusi ambasciatori e ministri, per rendere visita a Adel Juma, ministro libico degli Affari Interni, ferito in un attentato a febbraio e trasferito in un ospedale romano qualche settimana dopo per ricevere cure mediche».

Le reazioni politiche

Il secondo caso in pochi mesi di uomini ricercati dalla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità scatena a stretto giro le reazioni della politica a cominciare dalle opposizioni. «Il governo ci deve chiarire perché sta rendendo l'Italia un porto sicuro per le milizie e le mafie libiche», dice la segretaria del PD Elly Schlein parlando, a Trapani, a margine della XXX Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie promossa da Libera e da Avviso pubblico. «L'Italia, grazie al governo Meloni, è diventata la Montecarlo dei trafficanti di esseri umani, torturatori e stupratori», dice Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde e deputato Avs, ricordando il caso Almasri, torturatore libico accolto e riaccompagnato in Libia con un volo di stato e «su cui il governo Meloni continua a tacere». Ora, aggiunge, «un altro vergognoso capitolo si aggiunge alla scellerata gestione della politica estera della destra: la notizia della presenza in Italia di Abdel Ghani al-Kikli, noto torturatore libico e capo della milizia Stability Support Apparatus, che si muove indisturbato sul territorio italiano desta sconcerto e rabbia. Cosa aspettano il governo e il ministro Nordio a intervenire? Per avere una risposta ho presentato un'urgente interrogazione parlamentare al governo».

Anche il segretario di +Europa, Riccardo Magi chiede a Meloni di spiegare perché «un altro torturatore libico, su cui pende una denuncia alla Corte Penale internazionale per oltre 500 crimini commessi, accolto a Roma come un pascià e curato presso una struttura sanitaria della Capitale. Meloni deve venire al più presto a riferire in aula ed eviti di mettergli a disposizione aerei di stato per tornare tra gli onori in patria come ha fatto per Almasri. Soprattutto è il momento di una commissione parlamentare d'inchiesta sull'attuazione degli accordi Italia-Libia, per cui ho presento una proposta di legge alla Camera».

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