L'Europa cerca di andare oltre
lo strappo con i Paesi dell'Est sui 120mila ricollocamenti, e di
ricompattarsi - nonostante la voglia di bagarre di alcuni - di
fronte alla sfida dei flussi di profughi dalle aree di crisi. E
sul terreno continuano le tensioni con
scambi di accuse tra
Zagabria, Belgrado e Budapest per la gestione dei confini. In
Croazia si arriva anche a scontri col lanci di lacrimogeni.
"Ora serve coraggio" esorta il presidente della Commissione Ue
Jean-Claude Juncker, mentre l'Alto rappresentante
Federica
Mogherini avverte :"Le divisioni non danno credibilità alla Ue".
Il
vertice informale dei leader Ue si riunisce dopo che
Bruxelles ha aperto una quarantina di
procedure di infrazione
contro 19 Stati per mancanze nell'applicazione dei regolamenti
sul sistema comune d'asilo (registrazioni, raccolta di impronte,
accoglienza e rimpatri). L'Italia non è nel gruppo. E anche se
l'Europa insiste sulla necessità di applicare le direttive, il
premier Matteo Renzi sottolinea, "passettino" dopo "passettino"
si va "verso il superamento di Dublino".
Rafforzare il controllo delle frontiere esterne dell'Unione,
anche attraverso la creazione di guardie di frontiera europee, e
dare sostegno economico ai Paesi del vicinato più esposti alla
crisi in Iraq e Siria, a partire dalla Turchia, sono tra i punti
chiave del vertice informale dei leader dei 28.
Ma
i fondi a
disposizione non bastano e Bruxelles richiama i partner
comunitari a mettere sul piatto 'denaro frescò, per mobilitare
fino a due miliardi di euro, a sostegno di Ankara e delle
agenzie internazionali che si occupano di rifugiati.
Un confronto anche sulla situazione in
Siria e in
Libia.
Mogherini aggiorna i leader sullo stato dell'arte, anche in
vista della prossima assemblea generale dell'Onu dove si parlerà
di tutte le crisi aperte. "Qualsiasi strada possibile per
trovare una soluzione in Siria deve essere percorsa" afferma
Francois Hollande quando gli viene chiesto se
Vladimir Putin può
avere un ruolo, e in una bilaterale col premier britannico
David
Cameron si ipotizza che i voli di ricognizione possano essere
seguiti da attacchi. Per il premier bulgaro
Bojko Borissov "solo
con la collaborazione di Stati Uniti e Russia si può risolvere
il conflitto". Questa "è la vera soluzione" anche alla crisi dei
profughi, spiega.
A dare una proporzione della magnitudo del fenomeno che
l'Europa si potrebbe ritrovare ad affrontare nei prossimi mesi è
il presidente del consiglio europeo
Donald Tusk, che reduce da
viaggi in Turchia e Giordania avverte: "Con
8 milioni di
sfollati in Siria, oggi parliamo di milioni di potenziali
rifugiati che cercano di raggiungere l'Europa. Abbiamo raggiunto
un punto critico".
Il presidente turco
Recep Tayyip Erdogan (che il 5 ottobre
sarà a Bruxelles per vedere Jean-Claude Juncker), da Mosca
ammonisce: "la situazione dei profughi siriani e quello che
succede sulle coste del Mediterraneo è una vergogna per tutto
il mondo". Poi, citando Tolstoj, mette in guardia: "L'incendio
doloso di una casa rischia di bruciare tutto il villaggio".
Bruxelles chiede "almeno un miliardo in più" per Unhcr, World
Food Programme e altre agenzie che si occupano dei rifugiati.
"Se gli Stati membri e l'Ue non mobiliteranno abbastanza
fondi, rischiamo altri milioni di rifugiati in arrivo in
Europa", avverte il presidente del Parlamento Ue
Martin Schulz.
"Dateci i fondi di cui abbiamo bisogno per combattere questa
crisi", rilancia Juncker.
La cancelliera tedesca
Angela Merkel incita l'Europa ad
"impegnarsi di più" verso il resto del mondo", mentre il premier
Cameron assicura che il Regno Unito "lavorerà con i partner Ue
per mitigare il conflitto" in Siria ed offre altri cento milioni
di sterline per la crisi dei profughi.
Ma restano i mal di pancia per la decisione sui
ricollocamenti imposta a Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria,
e Romania, con un voto a maggioranza (la Finlandia si è
astenuta).
Hollande schiaffeggia: "L'Europa è costituita da
principi, e chi non li rispetta deve porsi la domanda sulla sua
presenza in seno all'Ue". Il più duro è il premier slovacco
Robert Fico, che ha già annunciato ufficialmente di volere
procedere legalmente contro il provvedimento adottato.
Il primo
ministro ceco
Bohuslav Sobotka si dissocia: nonostante i
malumori preferisce "non accrescere le tensioni". L'ungherese
Viktor Orban chiarisce di essere stufo di essere additato come
"l'europeo cattivo" e chiede di non essere più bersaglio delle
condanne dei partner. Vuole il "rispetto di Schengen o sarà il
caos" e annuncia che la barriera ai confini con la Croazia sarà
conclusa nel weekend.