mercoledì 15 maggio 2013
Torino, è giallo sulla morte di un’avvocatessa somala. Oggi il gip decide sull’archiviazione. Chieste nuove indagini. Per chiedere di fare chiarezza sul mistero è nato anche un comitato Il marito LuigiTessiore, consulente Onu: la famiglia di mia moglie aveva avuto dissapori con i clan della diaspora.
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Un supplemento di indagini per l’"angelo dei rifugiati" di Torino. Lo chiede il comitato per la verità costituito dal marito di Deeqa Aden Gures, avvocato quarantenne di origine somala trovata morta alla tre del mattino del 2 ottobre scorso sul ponte davanti alla Gran Madre con il cranio schiacciato da un pneumatico. Oggi il giudice delle indagini preliminari in camera di consiglio deciderà se archiviare la morte per incidente stradale, come chiesto dalla Procura, o se ordinare nuove indagini, come domandano la famiglia di Deqaa e il comitato, cui ha aderito fra gli altri don Fredo Olivero, ex direttore dell’ufficio diocesano per la pastorale dei migranti.La morte è avvenuta in circostanze poco chiare e, soprattutto, dopo un mese di minacce ricevute dalla donna. Su Twitter il 30 settembre 2012 compare un tweet inquietante: «Deeqa verrà fatta fuori stanotte». In altre circostanze, hanno confermato i collaboratori della sua associazione, Is Sahan, e alcuni rifugiati che dal 2008 aiutava, era stata minacciata anche in pubblico. Nemici ne aveva perché era una persona scomoda, Aveva  denunciato a più riprese abusi e scorrettezze – ad esempio durante l’Emergenza Nordafrica come nelle occupazioni di edifici dismessi – nell’ambiente, dei rifugiati, dove la miseria rende le persone più fragili e ricattabili dalla criminalità, pronta a reclutare pedine nello spaccio come nel traffico di esseri umani. Inoltre la donna, conferma il marito Luigi Tessiore, proveniva da una importante famiglia somala e aveva avuto dissapori anche con i clan più vecchi della diaspora del suo paese. Se mancano le prove che Deeqa sia stata uccisa, restano i misteri. Primo, perché è caduta a terra priva di sensi sul ponte la notte del 2 ottobre? Una telecamera di sicurezza all’altra estremità del ponte ha ripreso da lontano gli ultimi minuti della sua vita. Il filmato mostra la donna che, con passo incerto, attorno alle 3, attraversa il ponte che da piazza Vittorio porta alla Gran Madre. A metà del ponte cade a terra e ci resta 90 secondi prima che un’auto la travolga. «L’ipotesi investigativa – spiega il marito, consulente delle Nazioni Unite che al momento della tragedia era all’estero – è che mia moglie abbia avuto un malore per aver bevuto troppo. Ma, secondo le analisi aveva in corpo un tasso alcolico dello 0,3, l’equivalente di una birra e non aveva ingerito sostanze tossiche. L’autopsia ha invece giudicato le ecchimosi sul cranio compatibili con quelle prodotte dalla ruota di un auto, con i colpi di un bastone o di una mazza da baseball». E nulla si sa dell’auto assassina, «Che – spiega l’avvocato Valentina Zancan, legale della famiglia di Deqaa – nel filmato ha un’andatura strana, non si ferma per vedere cosa è accaduto e neppure fugge. Si ferma al semaforo rosso e poi più avanti, in doppia fila, quindi riparte. Servirebbe un approfondimento per capire che modello di vettura fosse e provare a rintracciare l’investitore». Perché Deeqa era sul ponte della Gran Madre in piena notte? E chi ha incontrato?«Aveva un appuntamento – risponde Tessiore – nelle tasche aveva un foglio A4, sul quale era scritto "ci vediamo in Drogheria" un locale di piazza Vittorio, poco distante dal luogo della morte. Non era la sua calligrafia». Deeqa effettivamente è stata vista li, ma perché si sia recata in quella zona resta un mistero. Pochi istanti prima di morire è salita su un taxi fermo a un semaforo prima del ponte chiedendo di essere portata a casa, in una zona centrale. Il conducente ha riferito che era agitata, ma non aveva denaro con sé e lui aveva una prenotazione, quindi l’ha fatta scendere. Pochi minuti dopo la donna era morta. E un passante ripreso dalle telecamere incrocia l’avvocato, Nessuno, però, l’ha rintracciato. Chi la conosceva, come Dino Barrera dei Verdi, afferma che non andava in locali che non frequentava abitualmente.«Era molto attiva a San Salvario, ma non veniva neppure a bere un caffè in un bar che non conosceva. Tre giorni prima di morire mi aveva dato appuntamento perché voleva parlarmi di alcune cose che aveva scoperto. Ma abbiamo rimandato e non l’ho più rivista. Purtroppo Torino si è scordata in fretta di lei».Serve altro tempo per togliere le ombre sull’ultima notte di Deeqa, la donna che ha dedicato la vita ai profughi e fare giustizia.
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