Nelle ultime due settimane aveva notato che Mario Cal era più "spento, taciturno e abbattuto". Lo ha dichiarato il responsabile del servizio di sicurezza e vigilanza del San Raffaele, sentito ieri in tarda serata dal pm Maurizio Ascione che si sta occupando del suicidio dell'ex braccio destro di Don Verzè che si è tolto la vita sparandosi un colpo alla tempia ieri mattina. L'uomo è stato convocato dal pm per chiarire i motivi per cui ha spostato la pistola usata da Cal e l'ha infilata in un sacchetto. Il vigilante ha spiegato che subito dopo aver sentito lo sparo, le persone e le segretarie che erano entrate nel suo ufficio "erano terrorizzate e nulla facevano per rianimarlo".A questo punto il vigilante ha "dato un calcio alla pistola" per allontanarla dal Mario Cal, che era ancora vivo, e quindi consentire ai medici di soccorrerlo e di praticargli il massaggio cardiaco. Inoltre l'uomo ha spostato la pistola anche perchè temeva ci fosse un altro colpo in canna e l'ha infilatain un sacchetto di plastica, per metterla al riparo ed evitare che venisse toccata da altri. Intanto, da quanto si è saputo, non è ancora stata trovata l'ogiva che ha ucciso Cal.
LA CRONACA di
Vito SalinaroLa paura. Del dissesto dei conti, dell’inchiesta giudiziaria sull’ospedale; ma soprattutto, per dirla con le parole di un suo amico, la paura di «veder crollare un sogno». Mario Cal, 71 anni, da oltre 20 vicepresidente della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor di Milano, dimessosi la scorsa settimana dopo il rinnovo delle cariche e l’intervento della Santa Sede per il risanamento dell’Ospedale, non ha retto a tutto questo. Ieri mattina, il braccio destro di don Luigi Verzé, si è tolto la vita sparandosi un colpo di pistola alla testa.Una tragedia che colpisce due famiglie: la sua e quella dell’Ospedale scientifico San Raffaele, formata da 4.000 dipendenti e già provata per la pesante situazione finanziaria. «In questi ultimi giorni era molto preoccupato per i debiti accumulati dalla struttura sanitaria», ha detto il legale di Cal, Rosario Minniti. Il suo assistito, sentito nei giorni scorsi dal pm di Milano Luigi Orsi come persona informata sui fatti nell’ambito dell’inchiesta sul dissesto del nosocomio, gli avrebbe confidato di «non essere mai stato così addolorato nella mia vita come in questi giorni».Ieri mattina, poco dopo le 9, Cal è arrivato in quello che era ormai il suo ex ufficio, da dove stava prelevando da giorni i suoi effetti personali. Ha salutato Stefania, la sua segretaria, poi si è chiuso in stanza. Da allora sono iniziati i tre quarti d’ora più lunghi e difficili della sua vita. È stato in quei momenti, probabilmente, che l’ex dirigente ha scritto due lettere (sequestrate dagli inquirenti), non molto lunghe: una l’avrebbe indirizzata alla moglie, l’altra alla segretaria. Avrebbe espresso parole di affetto e di ringraziamento, senza riferimenti alla situazione dell’ospedale.Pochi minuti dopo le 10, lo sparo, udito dalla segreteria che è rimasta per un attimo senza fiato prima di precipitarsi nell’ufficio dove ha trovato l’uomo agonizzante a terra, in una pozza di sangue. La chiamata al pronto soccorso è stata immediata. Le prime cure sono state prestate nell’ufficio, dove un soccorritore, per eseguire le manovre di rianimazione, ha anche dato un calcio alla pistola (poi finita in un sacchetto), allontanandola dall’uomo a terra. In pochi minuti il ferito è stato trasportato in una delle sale del pronto soccorso dove è arrivato alle 10.21. «La situazione è apparsa subito critica – ha spiegato il primario del reparto, Michele Carlucci –; abbiamo messo in atto ogni procedura per rianimarlo e per un periodo è stato possibile stabilizzare il paziente. Poco dopo però la situazione è precipitata». Cal è morto alle 10.57. Nella palazzina Dibit II, che ospita gli uffici dirigenziali, la polizia giudiziaria ha effettuato i rilievi in mattinata. Il pubblico ministero Maurizio Ascione, che ha aperto un’inchiesta, ha disposto l’autopsia. E del caso si è immediatamente interessato lo stesso procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati. Gli inquirenti comunque non hanno dubbi su quanto accaduto.In una nota, il consiglio di amministrazione del Centro San Raffaele del Monte Tabor ha espresso «dolore e sgomento per il gesto così grave e imprevedibile» che «accresce la consapevolezza sulla delicatezza e sulla gravità dell’attuale situazione in cui si trova la Fondazione e sulla necessità del massimo impegno da parte del Consiglio con la piena partecipazione e guida spirituale del presidente don Luigi Maria Verzé, per il pronto risanamento del San Raffaele». Il 91enne fondatore dell’ospedale ha ricevuto la notizia gradualmente e con le cautele del caso.Così come avviene ogni giorno, alle 16, nella cappella "Maria, Madre della Vita" del nosocomio, è stata celebrata la Messa, ieri particolarmente partecipata dai dipendenti della struttura, alla quale, però, è stato impedito l’accesso ai giornalisti. «Non è il momento delle parole ma del raccoglimento e del silenzio», ha detto padre Paolo Natta, nell’omelia in cui è stato ricordato Cal. Alle 16.30 la salma è stata trasferita nell’Istituto di medicina legale di via Ponzio. Questa mattina è attesa la visita del ministro della Salute, Ferruccio Fazio, che dovrebbe incontrare la famiglia di Cal e, probabilmente, don Verzé.