martedì 9 ottobre 2018
Non è stata la camorra a uccidere Raffaele Perinelli, come già fece con suo padre. Raffaello è stato ucciso per una banale lite tra coetanei. Che girano con un coltello in tasca
Carabiniere sul luogo dell'omicidio a Miano (Fotogramma)

Carabiniere sul luogo dell'omicidio a Miano (Fotogramma)

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Il mistero è durato solo poche ore. Non è stata la camorra a uccidere Raffaele Perinelli, come già fece con suo padre. Era ancora un bambino allora, Lello. Quanta sofferenza nella sua famiglia, quanti lutti, quanta morte. Raffaele è stato ucciso per un banalissimo motivo: una lite tra coetanei avvenuta in discoteca sette giorni prima. Poi l’incontro tra i due nel quartiere. Si discute, ci si anima, si alzano i toni. Si viene alle mani, si perde il controllo. Si impugna il coltello. Già, il coltello. Ma perché Alfredo Galasso gira con il coltello in tasca? Se lo porta addosso è probabile che lo userà, se lo userà è quasi certo che ucciderà. E così è stato.

«Ho rovinato due vite» ha detto agli inquirenti domenica mattina. E invece no, Alfredo, non hai “rovinato” due vite solamente. Tu hai stroncato quella di un giovanissimo essere umano, creato a immagine di Dio. Non ne avevi alcun diritto. Quante volte, in famiglia, a scuola, al catechismo, hai sentito che la vita è sacra, unica, inviolabile? Preziosa. Eterna. E non sai che i cuori stanno a grappoli? Raffaele amava ed era amato. Col tuo folle gesto hai gettato la mamma, la sorella, i parenti, gli amici in un mare di dolore che non sarà facile lenire. Ma non basta, in quest’abisso hai trascinato anche la tua mamma, i tuoi parenti, i tuoi amici, il tuo quartiere. Da oggi anche per loro la vita non sarà più la stessa. Non hai rovinato due vite soltanto, il danno che hai provocato è incalcolabile.

Ma perché tanta violenza? Perché tanta immaturità? Tanta cattiveria? Dove hai imparato a usare il coltello? Chi ti ha insegnato a pugnalare al cuore? E adesso vivi immerso in un incubo dal quale vorresti svegliarti. Adesso senti che la presenza di quel giovane che hai odiato e che ti sei illuso di eliminare per sempre, come un fantasma, ti perseguita. La scena di quel delitto l’avrai davanti agli occhi e alla coscienza sempre. Soprattutto di notte, quando il sonno non viene a riposarti, la mente vaga, i ricordi dei giorni vissuti in libertà si fanno prepotenti e ti viene voglia di piangere come quando eri bambino. Non reprimerle, quelle lacrime. Sono preziose e benedette. Non ti vergognare di piangere, di pentirti, di apparire “debole”. Di chiedere perdono. A Raffaele, alla sua e alla tua mamma, ai napoletani, al mondo. A Dio. È il solo modo per tentare una lenta, faticosa, dolorosa riconciliazione con te stesso e la vita. Se sai pregare, prega. Se non lo hai mai fatto, chiedi al cappellano del carcere di farlo per te e con te. Chiedigli di leggerti una pagina di Vangelo. Prega anche per Raffaele. Adesso dovete diventare amici. È importante. Entra in dialogo con lui, raccontargli i tuoi tormenti, le tue speranze, le tue paure. Implora il Signore di custodire nel suo cuore te, lui, i vostri cari. Solo in questo modo potrai spegnere quel fuoco che ti brucia dentro e che rischia di annientarti. La violenza genera solo angoscia, sofferenza, morte. La sopraffazione, la prepotenza, lo scarso rispetto della vita altrui e propria ruba la dignità, spegne la serenità, imprigiona la libertà. Abbrutisce l’uomo. Dio soffre. Fino alla fine del mondo, Dio soffre. Nel veder sprecati i suoi preziosi doni, Dio soffre. Nel vederti soffrire, Alfredo, Dio soffre. Nel vedere Raffaele morire per una pugnalata al cuore, Dio ha sofferto e soffre. E chiama. Continua a chiamare. Non si stanca di chiamare. Alla conversione. A una vita nuova. A una vita vera. Indietro non si torna. Pentiti. Piangi. Implora perdono. Paga il tuo debito con la giustizia.

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