La donazione di un rene che una persona compie per pura solidarietà umana è la nuova frontiera del trapianto di organo, di cui le autorità sanitarie e bioetiche italiane si troveranno a occuparsi in un futuro molto prossimo. Infatti di fronte alla notizia dei tre casi di persone che hanno manifestato la volontà di donare un rene senza che sia un loro parente o amico ad averne bisogno (donatori «samaritani») si è mosso anche il governo. «Ho chiesto un parere urgente al Comitato nazionale per la bioetica – dice infatti il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella –. Si tratta di un problema bioetico molto delicato: occorre escludere ogni rischio sociale (commercializzazione, sfruttamento), ma anche dal punto di vista concettuale credo vada evitato che si percepisca il corpo come un bene liberamente disponibile». La possibilità di una donazione di rene da una persona vivente in forma del tutto gratuita e anonima non è esclusa dalla norma italiana, ma non è neppure prevista esplicitamente. Anche perché la legge che regola la donazione tra viventi risale al 1967, sostanzialmente agli albori della storia dei trapianti di organo, e sente la necessità di sottolineare che tale possibilità è concessa «in deroga all’articolo 5 del Codice civile», che vieta atti che «cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica». Si trattava comunque sempre di donazione per un consanguineo, o per altro parente, o per estranei, ma sempre – in definitiva – per un determinato paziente. Anche il Comitato nazionale per la bioetica (Cnb), chiamato nel 1997 a pronunciarsi sulla liceità del trapianto di rene da vivente tra non consanguinei, si riferisce a persona «in relazione emotiva» con il paziente.«Viceversa in questo caso si tratta di una donazione a un paziente indefinito, che non si conosce – ricorda il sottosegretario Roccella –. Esistono criticità possibili dal punto di vista etico. Per questo ho chiesto un parere urgente al Cnb». Da una parte, sottolinea Roccella, «c’è il dono, un atteggiamento altruistico e solidaristico che è generoso verso la comunità, ma va considerato con attenzione. Infatti quando non è motivato da un rapporto affettivo, c’è il rischio di una commercializzazione sotterranea. Inoltre – aggiunge il sottosegretario – non va dimenticato che il dono non può essere considerato un diritto, mentre per il paziente c’è il diritto alla cura. Né va dimenticato che il corpo non è un bene a disposizione, il corpo è la persona, deve restare chiaro che un dono non può incrinare questo concetto».Dal punto di vista normativo o scientifico, invece, «problemi non ce ne sono. L’unico passaggio regolatorio – sottolinea Eugenia Roccella – riguarda un intervento del ministero della Salute insieme con il Centro nazionale trapianti per stabilire come allocare questi organi, che sono fuori dal normale circuito dei prelievi da cadavere». I temi da affrontare, invece, «sono di natura squisitamente bioetica. Oltre al rischio di mercato, vanno escluse forme di pressione o sfruttamento delle persone, che potrebbero essere indotte a donare, così come fenomeni di autoesaltazione. È un punto di confine, finora non esplorato in Italia: una volta assicurato bene che non vi sono profili di rischio sia concettuali sia etici, potremmo affrontare questo trapianto senza problemi». La risposta alle richieste del sottosegretario, fa sapere il vicepresidente del Cnb Lorenzo D’Avack, arriverà «entro marzo»: sulle donazioni samaritane – aggiunge – «ci vogliono naturalmente un attento screening e accurati controlli». Ottenute le necessarie garanzie, «non vedo perché opporsi e contrastare a priori una modalità di donazione che resta un gesto di grande generosità». Intanto a Torino, il direttore del servizio di Psicologia medica per i trapianti alle Molinette, Luca Giordanengo, si prepara ai primi colloqui con la donna che si è offerta di donare un rene «per solidarietà umana»: «Personalmente, sono abbastanza aperto a tale modalità di donazione e non parto con alcun pregiudizio, né positivo né negativo».