Sopralluogo degli ispettori della commissione d'inchiesta, voluta dal ministero del infrastrutture, sul luogo dell'incidente della funivia del Mottarone a Stresa, Verbania, 01 giugno 2021 - ANSA/TINO ROMANO
L'impiego massiccio dei "forchettoni" durante la corsa della funivia del Mottarone potrebbe avere scaricato una tensione eccessiva sulla fune e, quindi, la rottura all'altezza dell'attacco del carrello. È una delle numerose ipotesi al vaglio dei consulenti della procura di Verbania che devono fare luce sulle cause dell'incidente del 23 maggio costato la vita a 14 persone. Gli accertamenti tecnici sono laboriosi e richiederanno, fra l'altro, un accesso all'interno della cabina, che è ancora sul posto e che potrà essere rimossa solo con una serie di accorgimenti. Lunedì è prevista una seconda ispezione.
«Tutti sapevano, non si può scaricare la colpa sugli operai. Noi prendevamo solo ordini». È la difesa di uno dei lavoratori che il 23 maggio scorso erano di servizio alla funivia Stresa-Mottarone. La dichiarazione è affidata agli atti delle indagini ed emerge nel giorno in cui sulle pendici del monte teatro della tragedia vengono fatti due sopralluoghi. Mentre spuntano dei video che indicano come l’uso dei "forchettoni" fosse vecchio di anni.
«Noi operai siamo convinti che non c’entriamo nulla, dicono che ci dovevamo rifiutare di mettere i ceppi, ma noi prendiamo ordini dal caposervizio e nessuno si aspettava un pericolo del genere», spiega Emanuele Rossi, un operatore della funivia del Mottarone le cui dichiarazioni sono nei verbali dell’inchiesta. Rossi aggiunge: «I ceppi, come ho spiegato agli inquirenti, erano su da 3 settimane». La testimonianza dell’operaio è precisa, ma lo stesso dice di non poter sapere con certezza se il gestore Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio (adesso liberi ma indagati) fossero a conoscenza dell’uso dei "forchettoni" da parte di Gabriele Tadini, caposervizio dell’impianto, per "bypassare il problema" dei freni di emergenza che non funzionavano a dovere. «Non posso sapere – dichiara Rossi negli atti – io facevo il mio, io e i miei colleghi non possiamo addossarci la colpa, erano loro i responsabili non noi. Dicono che dovevamo rifiutarci di mettere i ceppi ma non sapevamo ci fosse un pericolo del genere». «Tutti sapevano – aggiunge l’operatore della funivia – non si può scaricare la colpa sugli operai. Io ero tranquillo non pensavo a una pericolosità del genere. Il responsabile era il caposervizio, se lui o l’ingegnere mi dice di fare qualcosa io la faccio». Una posizione, quella di Rossi, che adesso assume una luce nuova e che, comunque, non cancella le responsabilità. Lo stesso operaio poi precisa: «Spero di non finire indagato ho la coscienza a posto. Io e miei colleghi siamo stati i primi a salire lassù, a un mio collega è morto tra le braccia un ragazzo».
A rendere più inquietante tutta la vicenda, ci sono anche alcuni video girati dal 2014 al 2018 da un videoamatore, Michael Meier, uno svizzero che ha inviato il materiale all’emittente tv tedesca Zdf, dopo l’incidente. In queste immagini sono visibili i cosiddetti "forchettoni", che bloccano i freni di emergenza. Le registrazioni sono state inviate alla procura di Verbania.
Poi ci sono i sopralluoghi. Come quello della commissione ministeriale istituita per accertare le cause dell’incidente: ore trascorse dagli ispettori, accompagnati da carabinieri, protezione civile e guardia di finanza, per l’area della tragedia alle pendici della montagna per raccogliere elementi utili agli accertamenti. In procura a Verbania, invece, una lunga riunione tra il perito del tribunale, Giorgio Chiandussi del Politecnico di Torino, e il procuratore Olimpia Bossi serve per fare il punto soprattutto sugli accertamenti irripetibili e sui prossimi passi della perizia che condurranno anche a nuove iscrizioni nel registro degli indagati. Bisognerà verificare, spiega un investigatore, la presunta "connessione" tra i malfunzionamenti ai freni, di cui si lamentava Tadini dicendo di averli a più riprese segnalati da fine aprile, e l’incidente. E se quei problemi che facevano bloccare la cabina, tanto che almeno "10 volte" in 15 giorni il caposervizio piazzò i forchettoni sulle ganasce, potessero essere un "campanello d’allarme". E lunedì prossimo si terrà un altro sopralluogo che servirà anche per decidere le modalità con cui rimuovere la cabina.
Intanto, continua la polemica sulle procedure. Il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici, che ha scarcerato sabato i tre fermati, mettendo ai domiciliari Tadini, rispondendo ai cronisti fuori dal tribunale dice: «Il pm fa il suo lavoro bene e io faccio il mio lavoro credo altrettanto onestamente, è il sistema, dovreste ringraziare che il sistema è così – ha detto – dovete essere felici di vivere in uno Stato in cui il sistema è garantista».