Le ricerche dei Vigili del Fuoco sul fiume Natisone - Ansa
«Abbiamo aperto un'inchiesta per omicidio colposo contro ignoti: in queste vicende, per procedere bisogna configurare responsabilità di tipo omissivo, non commissivo». Lo ha detto il procuratore di Udine, Massimo Lia, in conferenza stampa, sulla tragedia della piena del Natisone di venerdì scorso 31 maggio: tre giovani si trovavano nei pressi del Ponte Romano di Premariacco, quando sono stati travolti dall’acqua. Due ragazze, Bianca Doros e Patrizia Cormos, sono morte, mentre il loro amico Cristian Molnar risulta ancora disperso . E proprio una di loro, Patrizia, avrebbe fatto ben 4 telefonate al numero unico di emergenza 112, «l'ultima delle quali - ha precisato sempre il procuratore - senza risposta. Condurremo tutti gli accertamenti del caso per accertare se i soccorsi sono stati tempestivi – ha aggiunto il procuratore –. Mi preme, però, segnalare che, allo stato attuale, non ci sono elementi specifici che ci fanno andare in questa direzione, ma le verifiche sono in fase iniziale».
Al cimitero urbano di San Vito a Udine, è stata aperta la camera ardente per Bianca e Patrizia, le cui salme sono state recuperate solo domenica, dopo due giorni di ricerche. Alla camera ardente sono giunti i familiari delle due ventenni, entrambe di origine romena, che sono stati accolti dal prefetto e dal questore di Udine e dai comandanti provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Le due ragazze sono state vestite da sposa secondo la tradizione del loro Paese di origine. Tanti cittadini si sono già recati in visita alla camera ardente dove le giovani rimarranno fino a domani pomeriggio, quando sarà celebrato un momento di preghiera da due sacerdoti, uno ortodosso e uno cattolico. «Ciò che più mi addolora è che tutti hanno fatto foto e video e nessuno li ha salvati. Nessuno. Potevano forse salvarli. Non era importante fare i video. Lei era andata a fare una passeggiata, ha chiamato più volte il 112. Ha lasciato il suo nome, l'indirizzo. Ha detto “Chiamate mia mamma». È lo sfogo, della mamma di Patrizia Cormos, che per la prima volta dal dramma di venerdì, ha rilasciato brevi dichiarazioni sulla vicenda. «Era un angelo – ha ricordato – studiava tanto e lavorava per mantenersi. Dopo l’esame all'Accademia, sostenuto proprio venerdì mattina, mi ha chiamata e mi ha detto “sono stata bravissima, ho saputo tutto». «Nulla mi può consolare». Sono le parole pronunciate dal papà di Patrizia; l’uomo, assieme a numerosi parenti, ha seguito in riva al torrente, per oltre 48 ore, le ricerche della figlia e degli altri due ragazzi che erano con lei. «Sono rimasto qui, non volevo che la mia bambina si sentisse abbandonata», ha ricordato, in lacrime, quando ha appreso del ritrovamento del corpo.
Intanto si è aperta una discussione sui soccorsi, dopo la richiesta del ministro con delega alla Protezione civile, Nello Musumeci, di una relazione dettagliata sulla vicenda. Si discute, tra l’altro, sull’opportunità di essere intervenuti con l’elicottero decollato dall’aeroporto Marco Polo di Venezia. La Procura di Udine si sta concentrando sulla verifica dei tabulati della gestione dell’Sos e sulla opportunità di avere scelto di impiegare nell’immediatezza dei fatti un velivolo distante centinaia di chilometri dal luogo della piena del fiume. Un’attività informativa che giunge all’indomani delle prime sollecitazioni fatte anche dai parenti delle vittime, che chiedono di conoscere la verità sui terribili minuti dei primi soccorsi.
La prima chiamata di soccorso sarebbe stata fatta attorno alle 13.25 di venerdì da una delle vittime, che in modo preoccupato diceva di essere rimasta “prigioniera” con i due amici sul greto del fiume a causa del livello delle acque che saliva e impediva loro di tornare a riva. L’addetto della centrale del Numero unico regionale 112 ha gestito l’Sos come soccorso tecnico - nel quale non ci sono persone con problemi sanitari - e ha dunque deciso di dirottare la richiesta al Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Udine, il quale ha inviato, con la massima urgenza, l’equipaggio più vicino al luogo della richiesta e ha immediatamente attivato le squadre specializzate di fluviali e messo in preallarme i sommozzatori. Contemporaneamente è stato attivato Drago, l’elicottero di stanza all’aeroporto Marco Polo di Venezia, che ha iniziato a predisporre il proprio piano di volo e acceso i motori. Pochi minuti dopo, la ragazza che aveva fatto la prima chiamata avrebbe di nuovo sollecitato, in preda al panico, l’arrivo dei soccorsi, imitata da almeno una mezza dozzina di passanti, transitavano sul ponte Romano e avevano compreso la difficoltà del caso. Nel frattempo anche il personale di terra dei pompieri era giunto in zona. Intanto un secondo elicottero si è alzato in volo pochi minuti dopo Drago, ma, dovendo percorrere una distanza che può essere coperta soltanto in otto minuti, è arrivato a Premariacco ben prima. I tre ragazzi, purtroppo, erano già stati inghiottiti dalle acque del fiume, nonostante l’eroico tentativo di salvataggio di un vigile del fuoco che si è lanciato in acqua, rischiando anche lui di essere trascinato via dalla corrente.