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Se i casi della politica fossero romanzi, ricchi di mutazioni e svolte impreviste e magari pure imprevedibili, quello eventuale sul caso Liguria, a partire dal suo clou nell’arresto dell’ormai ex presidente Toti, troverebbe successo e grande interesse, forse anche più di quello che sta suscitando nella sua realtà. Ultimo evento, poco atteso, il patteggiamento firmato con la Procura da Stefano Savi, legale di Toti. L’accordo prevede una pena di due anni e un mese e verrà scontata con 1.500 ore di lavori di pubblica utilità. Ci sarà inoltre la confisca di 84 mila euro, sequestrati al Comitato Toti con 74mila di questi indebitamente percepiti, secondo l’accusa, da Aldo Spinelli al fine di agevolare le pratiche che lo riguardavano nel Porto. Oltre a 10 mila per pubblicità presso una tv privata ligure, fatta da una grande catena commerciale che ha aperto alcuni centri in zona. Toti sarà inoltre interdetto dai pubblici uffici per la durata della pena.
Una mossa sorpresa da parte dell’ex presidente della Regione in cui poco più di un mese, il 27 ottobre, si rivoterà. E il sindaco di Genova Marco Bucci correrà per il centrodestra, come successore di Toti. Quest’ultimo ha patteggiato per corruzione impropria e finanziamento illecito, rimanendo indagato per voto di scambio. Ora la parola passa al gup anche se non dovrebbero esserci ulteriori sorprese. E a seguire la strada dell’ex governatore ligure è pure Paolo Signorini, con richiesta di patteggiamento dei suoi legali Mario ed Enrico Scopesi di 3 anni e 5 mesi, oltre a confisca di poco più di 100mila euro e interdizione temporanea dai pubblici uffici. Probabile che anche Spinelli usi questa via. Il termine per avviarla è il 16 settembre, in quanto il processo immediato chiesto dalla Procura di Genova sarebbe iniziato il 5 novembre.
Ai cronisti Toti ha sottolineato che patteggiare non significa colpevolezza ma mediazione rispetto alle accuse. «C'è da una parte amarezza di non aver visto riconosciute fino in fondo le nostre ragioni – ha detto - dall'altra il sollievo per averne vista riconosciuta una parte importante. Nessun atto illecito è stato compiuto, i soldi donati al mio comitato sono stati usati per la politica. Resta l’accusa di corruzione ambientale, ma se parlare con imprese significa commettere reato il problema non è di Toti ma della politica». E circa i lavori socialmente utili ha affermato che li avrebbe svolti volentieri, «anche senza questa vicenda».
Commenta l’avvocato Savi: «L’accusa riconosce che Toti non ha mai usufruito personalmente delle somme raccolte dal suo comitato politico, utilizzate solo per le attività politiche. Si riconosce anche che gli atti prodotti dalla Pubblica Amministrazione fossero totalmente legittimi, così come i versamenti sotto forma di contributi all’attività politica. Cadono quindi le accuse di corruzione e le altre ipotesi di reato con l’esclusione della cosiddetta corruzione impropria, ovvero per atti legittimi degli uffici». Una montagna che ha partorito un topolino, incalza Toti, tornato ora a fare il giornalista: grande sproporzione, secondo lui, aver condotto indagini e intercettazioni per 4 anni, arrivando a così poco. E alla politica dice: ha il dovere di fare chiarezza «sulle troppe norme ambigue di questo Paese che regolano aspetti che dovrebbero essere appannaggio della sfera politica e non giudiziaria».
Patteggiamento che invece, per i suoi avversari, è ammissione di colpa e cattiva amministrazione. Lo dice il Pd con la capogruppo alla Camera Chiara Braga, così come i 5 stelle. Lo afferma Linea Condivisa in Liguria e lo dichiara Carlo Calenda da Roma, che ribadisce di essere garantista ma in questo caso, secondo lui, si è ammesso un contesto corruttivo.