«Mi pare che l’aria alla Camera già sia migliore da quando spira il vento del quantitative easing...». Sereno e ottimista dopo il colloquio con Draghi, Giovanni Toti, governatore ligure e leader di "Cambiamo", è tra coloro che stanno investendo di più sul successo dell’ex governatore Bce. «Se giocata bene, è una gigantesca opportunità per tutti - spiega -. Se invece ce la giochiamo male, allora sarà la prova definitiva dell’inadeguatezza del sistema nel suo complesso». Un messaggio rivolto soprattutto agli alleati di centrodestra, ai titubanti Salvini e Meloni: «Io spero che vadano anche oltre una benevola astensione. La prima cosa che ho detto a Draghi è che mi impegnerò nella direzione di rimuovere tutti gli ostacoli a un vero governo di pacificazione nazionale. La seconda è che sono molto pretestuose le dichiarazioni del centrosinistra che provano a circoscrivere il perimetro della maggioranza. Il tentativo che stiamo facendo parte da appelli alti e nobili di Mattarella e dello stesso Draghi, che non vanno sviliti».
Per raccogliere una maggioranza larga, meglio ministri tecnici o politici?
Noi pensiamo a un governo tecnico-politico in discontinuità con il Conte-2. Vorrei che i partiti, anche la coalizione di centrodestra, investisse risorse umani e morali. Allo stesso tempo, ho consigliato a Draghi di coinvolgere nella squadra davvero tutto il Paese: penso a ministri provenienti dal sindacato, dalle associazioni datoriali, dal mondo della cultura. Sarebbe un segno di unità in un momento difficile.
Dai primi dialoghi ha riscontrato discontinuità rispetto al Conte-2?
Sono molto rassicurato dalla visione a breve periodo di Draghi. Ha bene in mente che vanno immediatamente vaccinati e protetti i nostri grandi anziani, con l’effetto di sollevare subito le terapie intensive. Così come sono forti le idee sulle prospettive a lungo termine che passano dal Recovery plan. Gli ho anche illustrato il modello di spesa della Liguria, che penso possa essere una buona prassi nazionale. L’opportunità diventa più ampia se questo governo saprà accompagnare fondamentali riforme istituzionali.
Ce lo vede un Draghi solerte mediatore sulla legge elettorale?
Si tratta di dare stabilità al sistema incompiuto della cosiddetta Terza Repubblica. Tutti fanno gli schizzinosi quando si parla di legge elettorale, ma è un tema importante. Penso al modello tedesco: proporzionale con soglia alta, cancellierato, sfiducia costruttiva, forti autonomie e una Camera delle Regioni. Mi pare che funzioni...
Un assetto che vede un grande centro? Con quali confini?
Confini larghi, molto larghi. Dai bordi del Pd sino ai bordi dei due partiti di destra. In questa politica molto polarizzata ce n’è enorme bisogno. Da parte nostra, abbiamo sempre detto di essere pronti a mettere da parte simboli e formule.
Lei dice: medio io con Salvini e Meloni. Una bella responsabilità...
Salvini ha coordinato con grande prudenza il tavolo del centrodestra in queste settimane. E non ha avuto parole pregiudizievoli verso Draghi. Ovviamente scelgono loro ma la mia idea non è quella di confondere i ruoli e le posizioni. È come se sospendessimo il campionato per un po’: adesso tutti insieme rifacciamo le regole, aggiustiamo le tribune e il campo da gioco. Dopo ognuno rimette la propria maglietta.
Un patto larghissimo che comprende anche il Colle? Magari da affidare allo stesso Draghi?
Sarebbe uno spettacolo bello per il Paese se le forze che sostengono il governo ragionassero delle riforme con un arbitro riconosciuto da tutti.