La sua telefonata giunge come una carezza nel pieno di una riunione per allestire – con lo stato d’animo immaginabile – le pagine che avete tra le mani. È la voce di un amico, un padre, che vuole un bene infinito al quotidiano dei cattolici italiani, che è stato protagonista di importanti pagine della sua storia (tra l’altro, ha guidato il Consiglio d’amministrazione dal 1978 al 1989) e sente di dover dire qualcosa subito. Vuole far sapere alla redazione quanto senta le dimissioni di Dino Boffo come un dolore personale, «un lutto», arriva a dire. Il cardinale Ersilio Tonini si dice «vicino a tutti, dai vicedirettori all’usciere», e accetta poi di riflettere – «senza alcun intento polemico» – su quel che è accaduto. E lo fa con affetto, lucidità, fermezza. Come sempre.
Eminenza, quali sono le sue considerazioni su quanto è accaduto?«È un momento amaro, per me e la nostra comunità cristiana. Spero che tutto questo la renda consapevole che i grandi giochi non solo solo quelli dell’azione politica, ma anche i fatti che abbiamo visto. La storia bisogna sentirla come propria, la storia presente, quella che scorre attorno a noi, non restarsene spettatori come se appartenesse al passato o riguardasse qualcun altro. Quando una comunità partecipe della storia vede emergere un tentativo di costringerla al silenzio è il momento in cui non può non capire che deve dare il proprio pieno appoggio, deve stare unita più di prima. Ecco: per i cattolici italiani è l’ora di dare sostegno alla Chiesa e ad
Avvenire».
Lei ha vissuto le fasi fondazionali del quotidiano: come vive questi momenti?«Il mio pensiero è andato subito a Paolo VI, promotore di
Avvenire, e al quotidiano cattolico che aveva in mente. Pochi giorni prima di morire mi chiamò proprio per parlarmi del giornale. Era deciso a fare un appello a tutta la comunità cattolica italiana, immaginando anche una grande mobilitazione: gli premeva che il giornale avesse un’espansione non solo diffusionale ma soprattutto informativa. Aveva intuito che il momento era prezioso, c’erano grandi possibilità di sviluppo e di accoglienza. E un’iniziativa lanciata in quel frangente avrebbe potuto trovare una grande eco nella coscienza degli italiani».
I fatti di questi giorni cosa suggeriscono?«La Chiesa tutta, ogni credente, deve essere consapevole di quel che accade, e sentire come cosa propria ciò che riguarda il suo giornale, cosciente che il futuro del mondo si gioca nella comunicazione. Come vescovo, sento in modo tutto particolare tutto quello che è successo, forse perché ho preso parte alle grandi speranze di Papa Montini verso un quotidiano di tutti i cattolici».
Legge questa triste vicenda come un tentativo di silenziare i cattolici italiani?«Ma è evidente!
Avvenire è una voce che ha intuito questo nostro tempo difficile e bellissimo, e c’è riuscito perché lo ama. Fa molto male vedere quello che è accaduto. Si è fatto ricorso a ogni strumento utile a produrre disonore. L’affetto per la persona di Boffo mi può far passare la misura, vorrei calibrare le parole: ma è indubbio che mi offende il "modo" in cui si è consumata tutta la vicenda. Si è voluto distruggere una persona. Ripeto: è un momento che va sentito come proprio da tutti i cattolici. Se questo giornale dava fastidio, vuol dire che attorno ad
Avvenire dobbiamo stare uniti, dargli forza: i cattolici hanno diritto a una loro voce libera, serena, forte, all’altezza dei tempi».
«Avvenire» che oggi hanno tra le mani i lettori è erede del giornale di cui le parlò Paolo VI?«Sì, sì, sì, indubbiamente sì! Paolo VI voleva un giornale come quello di oggi: questo era il suo progetto e il suo sogno. In quel lungo colloquio, senza parole grosse, mi espresse un grande appassionamento interiore, moderato dalla serenità del suo animo. Montini voleva costruire un giornale che rendesse consapevoli i cattolici e il Paese dell’importanza di un momento storico straordinario. La sua preoccupazione andava ben oltre la sussistenza di un’iniziativa editoriale, avvertendo egli lo spazio che si apriva per la Chiesa dentro un mondo aperto, in ricerca. Tempo prima durante una riunione di vescovi mi diede l’incarico di parlare a suo nome per sottolineare che in quell’ora storica un giornale come
Avvenire poteva essere uno strumento decisivo per il futuro del Paese e per la testimonianza dei cattolici italiani di fronte al mondo. Paolo VI vedeva lontano: scorgeva già i nostri giorni, con il cattolicesimo italiano come punto di riferimento e di animazione dentro tutta la Chiesa. Più di quarant’anni dopo, le sue intuizioni le tocchiamo con mano. Benedetto XVI ha la stessa percezione del tempo in cui viviamo. E
Avvenire oggi esprime quell’intuizione».
Qual è il profilo di Avvenire oggi?«Boffo ha plasmato con una passione straordinaria un giornale che capisce il nostro tempo. Ha visto il giornale nascere e svilupparsi, ne ha vissuto tutti i momenti decisivi, ha conosciuto intensamente il rapporto della Chiesa italiana con il suo quotidiano. Il nostro episcopato ha capito molto bene la responsabilità del cattolicesimo di fronte al mondo, un ruolo nel quale si rivelata è decisiva la presenza di uno strumento come
Avvenire. E
Avvenire, con il suo direttore, ha compreso come il mondo si dovesse riflettere per intero nelle sue pagine, uno stile che l’ha sempre contraddistinto».
In questi anni s’è andato consolidando anche il radicamento ecclesiale del quotidiano...«È un fatto sotto gli occhi di tutti. Il giornale è fermento nella Chiesa, non un mezzo per ottenere obiettivi ma una testimonianza, un aiuto per accompagnare i cattolici a vivere intensamente la contemporaneità, ad appassionarcisi come animatori che sanno rispettare la libertà di tutti ma che pretendono di veder rispettata e ascoltata la propria voce. La diffusa "passione" per la libertà fa del nostro momento storico uno dei più adatti per l’annuncio. Dobbiamo esserne consapevoli».
I cattolici non sempre sembrano coscienti di questa opportunità...«Gli eventi non vanno solo "conosciuti": chiedono di essere "vissuti". Il compito di
Avvenire non è quello di cercare il successo attraverso una gran quantità di notizie, ma di proporsi come efficace strumento quotidiano per l’animazione interiore delle coscienze. Dino Boffo è riuscito a farlo profondendo tutte le sue capacità per rendere
Avvenire sempre migliore, attento, vasto, attuale».
Che strada è tracciata davanti al giornale dei cattolici?«
Avvenire è uno dei punti di osservazione dai quali oggi si capisce meglio cosa sta accadendo, su quali fronti ci si gioca il tutto per tutto, dove i cattolici possono e devono intervenire. Sant’Agostino dice che il luogo più importante per gli uomini sono i monti, perché è dalla loro vetta che s’intuisce il sopraggiungere del mattino. È lì che si coglie in anticipo la speranza, ed è lì che i cattolici devono stare. E
Avvenire con loro».