Raccolta fondi, raccolte di abiti e generi alimentari, ma soprattutto solidarietà morale e preghiera: sono le reazioni immediate che, dopo l'allarme e la paura iniziali per i parenti e gli amici a casa, si sono diffuse nelle corpose comunità filippine d'Italia. Specialmente a Milano ("capitale" italiana dei filippini, che sono la più numerosa comunitù straniera in città) e Roma. Al grido di "Non lasciamoli soli". "Le comunità filippine in Italia sono tutte in allarme. Siamo abituati alle catastrofi nel nostro territorio, ma questo è troppo". A parlare è Charito Basa, vicepresidente del Filipino Women's Council."Siamo tutti angosciati e ovviamente in ansia - continua -. È da giorni che stiamo così, perché non riusciamo a sentire i nostri parenti". "Però vogliamo reagire - aggiunge Basa -, e anche per questo il Filipino Women's Council insieme al Defence for Children ha lanciato oggi una raccolta fondi per le donne e i bambini sopravvissuti nelle zone più colpite dal tifone. Tramite internet e i social network sappiamo che la mobilitazione per questa emergenza è globale tra le comunità filippine, dall'Italia fino ad Hong Kong". Sempre dalla Capitale, infatti, monsignor Jerry Bitoon (coordinatore dell'Enfid, European Network of Filipino Diaspor) annuncia un'altra iniziativa di solidarietà partita oggi: "Stiamo tentando di coordinare, a fronte di questo evento veramente drammatico, gli aiuti. A Roma ci sono circa cinquanta comunità filippine che fanno capo alle parrocchie. Oggi ci siamo incontrati nella Basilica di piazza del Popolo con diversi leader di comunità e abbiamo deciso di raccogliere fondi sia per un aiuto immediato per l'ospedale di Tacloban, sia più a lungo termine per il villaggio Clarin, già devastato tre settimane fa da un terremoto, dove vorremmo costruire delle scuole. Ogni comunità penserà a come farlo". "È da tre giorni che non dormiamo, da quando hanno lanciato l'allarme - dice ancora Charito Basa -. Noi normalmente siamo abituati a chiamare i nostri familiari quasi ogni giorno. Da tre giorni, soprattutto nelle zone più colpite, non ci sono comunicazioni". Una sua conoscente, Annie Caalim, dopo "trentadue anni di lavoro in Italia come domestica" racconta la sua esperienza: "Vengo dalla provincia di Leyte, una delle più colpite. Non riesco a mettermi in contatto con i miei familiari, con mia madre, i miei fratelli, i miei nipoti. L'ultima volta che l'ho fatto è stata venerdì, quando mio cognato mi ha detto che si stavano preparando all'arrivo del tifone. Da quel momento non li ho più sentiti perché i telefoni sono tutti fuori uso. Non so se stanno bene, come stanno, come vivono. Io non dormo". "La comunità filippina di Roma - spiega il direttore dell'Ufficio Migrantes di Roma Pierpaolo Felicolo - è colpita nel dolore ma lo vive sostenuto dalla fede. I diversi gruppi stanno già attivando una catena di solidarietà e sentono la vicinanza della Chiesa di Roma".
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