martedì 23 giugno 2009
Il direttore attaccato per i servizi sulle presunte feste nelle residenze private di Berlusconi. E lui interviene in diretta nel Tg della sera: «Manca ancora una notizia certa. Il gossip non è servizio pubblico».
  • Rispettare il voto dei cittadini, di C. Cardia
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    Il silenzio del Tg1 sull’inchiesta di Bari e sulle frequentazioni private del presidente del Consiglio di­venta un caso politico di cui si occu­perà la commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai: domani l’ufficio di presidenza deciderà se convocare il di­rettore della testata Augusto Minzolini, come chiede il centrosinistra. Ma sul giornalista, da poco nominato alla gui­da del tg della rete ammiraglia, è già in­tervenuto ieri il presidente della Rai Paolo Garimberti. Intorno a mezzo­giorno, al settimo piano della sede di viale Mazzini, in un colloquio durato circa 20 minuti, Garimberti ha ricordato a Minzolini che «completezza e trasparenza dell’informazione sono un dovere imprescindibile del servizio pubblico radiotelevisivo». Minzolini, da parte sua, si è spiegato con un editoriale nel tg della sera, af­fermando che la «posizione prudente» sugli incontri nelle case di Berlusconi dipende solo da un fatto: «Dentro que­sta storia piena di allusioni, testimoni più o meno attendibili e rancori per­sonali, non c’è ancora una notizia cer­ta e tanto meno un’ipotesi di reato che coinvolga il premier e i suoi collabora­tori », ma solo «gossip». Più volte in que­ste settimane – ha osservato il diretto­re – «è stata messa sotto i riflettori la vi­ta privata del premier in nome di un improvviso moralismo», ma «stru­mentalizzazioni e processi mediatici non hanno nulla a che vedere con il servizio pubblico». Né il Tg1 «può met­tersi a «scimmiottare qualche quoti­diano o rotocalco». Una linea di difesa «incredibile» e che lascia «allibiti», per Paolo Gentiloni del Pd, perché «Minzolini è l’unico diret­tore di telegiornale del mondo occi­dentale a considerare 'non notizie' le notizie» che coinvolgono Berlusconi. Editoriale «sconcertante» anche a giu­dizio dell’ex-girotondino Francesco Pardi dell’Idv. E «inaccettabile» per Car­lo Verna, il segretario dell’Usigrai, il sin­dacato dei giornalisti Rai: «Come si fa a definire gossip, pettegolezzo, un’in­chiesta giudiziaria di cui parlano i gior­nali di mezzo mondo?». Con Minzolini si è schierato il sottose­gretario alla Presidenza del Consiglio e portavoce del premier Paolo Bonaiuti: «L’informazione pubblica segue i fatti e non i pettegolezzi», ha affermato, ma «la sinistra ancora sogna Telekabul». In attesa di affrontare la vicenda, il pre­sidente della commissione di Vigilan­za Sergio Zavoli (Pd) si è detto convin­to che vadano «riscritte con urgenza le regole per renderle finalmente vinco­lanti », affermando il principio in base al quale «non può darsi che proprio il servizio pubblico venga meno al dove­re di rispettare il pluralismo e la com­pletezza dell’informazione». A innescare anche a livel­lo aziendale la polemica che già da giorni infuria­va nei palazzi della politi­ca era stato, domenica sera, Nino Riz­zo Nervo, consigliere di amministra­zione Rai in quota centrosinistra. In u­na nota sul «silenzio» relativo al caso di Bari, Rizzo Nervo aveva rilevato che il Tg1 «deve rispondere ai milioni di cit­tadini che pagano il canone per rice­vere un’informazione completa e non condizionata dalle amicizie personali di chi pro-tempore dirige un telegior­nale ». Ma, soprattutto, aveva avvertito Minzolini che «la continua violazione degli impegni» presi con l’editore «può rappresentare una giusta causa di ri­soluzione del rapporto di lavoro». Parole che hanno spinto il capogrup­po del Pdl al Senato Maurizio Gaspar­ri a protestare: «È inaccettabile che Riz­zo Nervo minacci Minzolini». Di «inti­midazioni » hanno parlato anche il vi­ceministro delle Comunicazioni Paolo Romani e il vicepresidente della Vigi­lanza Giorgio Lainati. Intanto il leader dell’Italia dei valori An­tonio Di Pietro sta cercando di au­mentare i 'capi d’imputazione' a cari­co di Minzolini, addebitandogli anche «il silenzio» sul suo partito. In campo la commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai
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