Una piccola folla ha partecipato alla riapertura del ristorante Nido dell'Aquila a Monte Cavallo
Prova a rinascere, l’entroterra devastato dal terremoto: nella Settimana Santa, si raccolgono i frutti degli sforzi per ripartire e ci si rimbocca le maniche dopo le lacrime. I risultati si vedono. Riapre il ristorante 'Nido Dell’Aquila', a Monte Cavallo, paesino di 150 abitanti, epicentro del terremoto il 18 gennaio. Sono rimasti meno di 20 persone, a vivere qui. Ma Renzo Budassi, per tutti chef Champagne, non si è perso mai d’animo e lavorando senza sosta, aiutato dalla sua famiglia e dagli amici, ha riportato alla vita il ristorante in una struttura di legno. «Prima stavamo nel centro storico – racconta Budassi – ero innamorato di quel posto. Ma saprò innamorarmi anche di questa nuova sede». Per il pranzo di Pasqua, le prenotazioni sono già al completo: sono venuti anche dalla provincia di Ancona, a festeggiare Renzo, e torneranno domenica. «Il menu resta lo stesso – rassicura Budassi –. Ricominciamo daccapo. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza mia moglie, mia figlia Clarissa e il suo fidanzato. Mia figlia (sfollata, ospite di un campeggio sulla costa) è iscritta all’Università di Camerino e, nonostante l’impegno quotidiano che mette nello studio, è riuscita a lavorare per riaprire il ristorante».
Dove c’è pane, c’è vita. E si fa comunità, come ha ricordato don Nello Tranzocchi, che ha impartito la benedizione per la riapertura del ristorante. E, a proposito, in questi giorni ha riaperto pure 'L’albero del pane' a Visso: un’altra piccola festa ha celebrato un altro piccolo passo grazie a cui la realtà locale prova a rialzarsi.
Storie straordinarie, quelle di Monte Cavallo e Visso, di speranza e di forza, una piccola perla tra le macerie. E non è l’unica: i locali di 'Cappa salumi', storica attività dal 1906, sono inagibili, ma Maria Puccilli e Francesco Cappa non si sono arresi, e vendono al pubblico il sabato e la domenica, in un furgoncino lungo la strada. «Noi stiamo facendo il possibile – spiega Cappa – ma devono ripristinare la viabilità al più presto, riaprire con urgenza le strade per Frontignano di Ussita e per Castelluccio, altrimenti il rischio è di restare isolati».
«La normalità della vita – ha sottolineato l’arcivescovo di Camerino-San Severino Marche, Francesco Giovanni Brugnaro, in visita a Pieve Torina – ricomincia quando ci sono acqua, strade e cibo. Come si può vedere nelle cose semplici, ad esempio dai disegni dei bambini, una casa è rappresentata da un camino che fuma e, all’esterno, con fiori e piane, per abbellirla. Di questo ora c’è bisogno, di forza per tornare alla normalità e alle radici».
Anche Pieve Torina lentamente sta tentando di rinascere: qualche giorno fa, è stato presentato il progetto della nuova scuola che ospiterà 120 ragazzini. A pochi chilometri, a Castelsantangelo sul Nera, intorno alle sorgenti del fiume, invece, non c’è altro che distruzione. Il silenzio è totale nelle frazioni e anche in paese, dove il centro storico, tutto zona rossa, è irriconoscibile per i tantissimi crolli. Neppure il monastero di San Liberatore, del XII secolo, ha resistito al terremoto di ottobre: è venuto giù tutto. E mentre si moltiplicano le complicazioni burocratiche (per le aree delle casette, in ritardo, e per la rimozione delle macerie), che contribuiscono ad aggravare la situazione, ci sono alcuni allevatori che resistono su quella montagna (qualche frazione è ancora senz’acqua), e ci sono cittadini che ritornano. «Quando ho visto la mia casa crollata, ho avuto una forte crisi di pianto e di fede – dice Angela Santori, 64 anni, nella sua roulotte in un’area camper improvvisata –. Ero sfollata al mare, ma poi ho preferito venire qui, dove è sepolto mio marito. Lontana dalla mia terra sto male e io devo respirare aria di casa. Pian piano sto ritrovando la fede e anche la speranza sta tornando».