venerdì 6 maggio 2011
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Sul cloud, almeno un po’, ci sono già quasi tutti. Anche se pochi se ne sono accorti e pochissimi hanno capito cosa sia, il cloud. Il termine in inglese significa nuvola ed è tra gli anglicismi tecnologici che sentiremo ripetere più spesso nei prossimi anni. Come social network o apps, altre espressioni che si sono fatte spazio negli ultimi tempi, il cloud esprime più un principio che una precisa tecnologia: il principio in questo caso è lo spostamento dei file, dei programmi e della potenza di calcolo dai nostri dispositivi ad altre piattaforme, lontane da noi ma accessibili in ogni momento. In concreto: da un lato c’è la nuvola, cioè enormi capannoni pieni di computer interconnessi e perennemente accesi chiamati «data center», dall’altro gli utenti, che tramite il computer, il cellulare o un altro apparecchio capace di connettersi a Internet si collegano, via Web, a quei data center. Una volta connessi, gli utenti possono salvare i loro file su quei computer e lavorare utilizzando i programmi installati nei data center.Può sembrare un meccanismo complesso. In realtà quasi tutti gli utenti di Internet lo sfruttano ogni giorno. Se utilizzate un normale servizio di email, come Gmail, Hotmail, o Yahoo, allora siete già sulla nuvola: è in data center lontani da voi che riposano le vostre email, con la rubrica e tutti gli allegati, ed è la potenza di calcolo di quei data center che fa funzionare il programma col quale gestite i messaggi. E sempre nei data center sono salvate le foto che avete caricato su Facebook, i video pubblicati su Youtube e qualsiasi cosa abbiate un giorno messo su Internet. Chi naviga è ormai abituato, più o meno consapevolmente, a questa condizione: con una password può accedere in qualsiasi momento (connessione permettendo) a un po’ di suoi file che non sono sul suo computer. Questo trasloco sulla nuvola è il mercato del momento. Google, Microsoft, Amazon, Apple, tutti i grandi gruppi delle tecnologie si stanno adoperando per permettere agli utenti di mettere sempre più file e usare sempre più programmi sulla nuvola (e si sfidano ad aste miliardarie per piccole società con qualche esperienza cloud). Il risultato è che conta sempre meno il dispositivo che si utilizza, perché i contenuti e la potenza sono tutti altrove. Il potenziale è enorme, soprattutto per le aziende, che affidandosi al cloud possono eliminare i server e ridurre al minimo gli aggiornamenti delle loro apparecchiature. Difatti nel mondo delle imprese il cloud è già una realtà affermata. Uno studio di VMware dice che è già "passata" sulla nuvola più di un’impresa italiana su due. I vantaggi possono essere giganteschi: dai calcoli di Microsoft, ha spiegato di recente l’amministratore delegato per l’Italia, Pietro Scott Jovane, risulta che il cloud ha la capacità di aumentare dello 0,3% il Pil europeo già dal 2013.Ma non c’è bisogno di essere imprese per sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla nuvola. Chi ha un telefono col sistema operativo Android ha potuto scoprire che la rubrica di Gmail (salvata sulla nuvola) si sincronizza automaticamente con il telefonino. E ancora Google ha introdotto ormai da qualche anno Docs, un insieme di programmi che funzionano direttamente on line e salvano i file sui data center. Da qualche mese anche Microsoft ha messo sul cloud, accessibile con la posta Hotmail, una versione semplificata e gratuita del suo storico pacchetto Office. Apple poche settimane fa ha comprato per 4,5 milioni di dollari il dominio iCloud. Si dice che l’azienda voglia applicare il principio del cloud alla musica: invece che scaricare le canzoni da iTunes, presto gli utenti compreranno solo il "diritto all’ascolto" di musiche sempre a disposizione, on line, da un iPad come da un iPhone. Se tutto finisce sul cloud, a terra non restano che pc alleggeriti da ogni responsabilità. Un panorama tanto tranquillizzante, in tempi di frenesia tecnologica, quanto spaventoso dal lato della sicurezza. I data center dei grandi gruppi, riempiti di file e software, saranno in pratica i computer del mondo. Dovessero andare fuori uso, il pianeta tecnologico smetterebbe di girare.
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