venerdì 19 febbraio 2010
Sì generale allo stop totale del traffico domenica 28: tutti d'accordo a Milano, durante il vertice tra gli amministratori Anci di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna per stilare un protocollo di azioni condivise per migliorare la qualità dell’aria. Gli esperti: ma non è tutta colpa delle auto.
  • Tutti a piedi anti-smog. Pedagogia, non efficacia di A. Giorgi
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    Tutti gli 80 comuni della pianura padana che hanno preso parte stamane al vertice indetto a Milano dall'Anci, hanno aderito al blocco totale del traffico contro lo smog per il 28 febbraio prossimo. «Non c'è stata alcuna voce discorde» ha detto il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, presidente di Anci. Gli amministratori si erano incontrati per mettere a punto un protocollo di azioni condivise contro l’inquinamento che sta soffocando tutto il Nord. A lanciare l’appello per coordinare gli interventi sono stati i sindaci di Torino, Sergio Chiamparino (presidente dell’Anci), e di Milano, Letizia Moratti. Intanto domani a Carrara non potranno circolare i camion che trasportano marmo, è il quarto blocco dall’inizio dell’anno. E mentre si viaggia ancora in ordine sparso, la Valle d’Aosta si propone come esempio di buone pratiche anti-inquinamento: dagli oltre 70 superamenti del limite di Pm10 del 2005 è passata ai 19 dell’anno scorso, tanto che la Commissione europea ha archiviato la procedura di infrazione. Il segreto?: divieti per gli euro zero, bus a metano e a chiamata, targhe alterne, impianti di riscaldamento a metano, nuovi sistemi di abbattimento dei fumi nell’industria e rilancio del trasporto merci su rotaia.L'inquinamento: perché? Quando parliamo di inquinamento atmosferico non esiste un «caso Milano», esiste un «problema Bacino Padano». È quanto sostengono all’unisono i direttori delle Agenzie Regionali per l’Ambiente (Arpa) di Piemonte, Lombardia e Veneto, ovvero le regioni del Bacino Padano. E in cosa consiste questo problema? «Il persistere dell’inquinamento sull’area padana - dice Franco Picco, presidente di Arpa Lombardia - lo si deve alla combinazione di due fattori: la situazione geografico-climatica e l’alta densità abitativa». In effetti il Bacino Padano è un’area omogenea chiusa su tre lati dalle catene montuose, che bloccano il flusso dei venti. Basti considerare che la velocità del vento a Milano è di 0,9 metri al secondo contro i 2,5 della media europea, il che non permette di ripulire l’aria. Non solo: «I venti che ci sono - spiega Andrea Drago, direttore di Arpa Veneto - soffiano da est verso ovest. Così un vento forte come la bora, invece di spazzare l’inquinamento lo spinge verso l’interno del Bacino Padano, peggiorando la situazione».A questo si deve aggiungere la particolarità delle polveri sottili, che consiste nella capacità di rimanere in sospensione per diverse settimane, così che «quello che esce da un camino di Porto Tolle arriva tranquillamente in Val D’Aosta», dice ancora Picco. Questo spiega perché nella lotta all’inquinamento non si può lasciare l’iniziativa alle piccole realtà locali, ma è necessario ragionare in termini di Bacino Padano.Quanto agli abitanti, non è indifferente che Piemonte, Lombardia e Veneto contino insieme circa 20 milioni di abitanti, un terzo dell’intera popolazione italiana. E la metà sono nella sola Lombardia. Per cui anche se le emissioni pro capite sono al di sotto della media europea, le emissioni totali restano alte. Ma anche qui c’è un mito da sfatare: non è vero che la situazione sia peggiorata o stia peggiorando. Tutt’altro: dagli anni ’70 a oggi la situazione è nettamente migliorata per tutti gli inquinanti considerati: solo negli ultimi dieci anni in Lombardia le emissioni sono diminuite tra il 9% (polveri sottili) e il 66% (benzene e ossido di carbonio). E dati analoghi sono forniti da Veneto e Piemonte. Ancora pochi giorni fa, per quel che riguarda le polveri sottili, il direttore dell’Arpa Lombardia spiegava che mentre nel gennaio 2002 le polveri avevano raggiunto nella centralina di Milano-Juvara i 300 microgrammi per metro cubo, nel 2006 il quantitativo è sceso a 270/280, nel 2009 a 200 e nei primi 24 giorni di quest’anno a 111.I motivi di questo miglioramento sono vari, ma si possono sintetizzare soprattutto nel miglioramento del parco auto e della combustione per riscaldamento: politiche strutturali avviate da decenni, che stanno dando importanti risultati. «Nell’area metropolitana di Torino - ci dice il direttore di Arpa Piemonte, Silvano Ravera - è stata molto importante la decisione di optare per il teleriscaldamento, tanto che Torino è oggi la città italiana con la maggiore diffusione di questo sistema. Anche l’introduzione del gas metano per l’alimentazione della centrale termoelettrica ha avuto notevole importanza. Per quanto riguarda il traffico, poi, oltre alla migliorata qualità del parco vetture, un impatto evidente ce l’ha avuta la costruzione della metropolitana di Torino in occasione delle Olimpiadi invernali del 2006». A dimostrazione che i grandi eventi possono essere sfruttati anche in chiave anti-inquinamento.Dal canto suo la Lombardia è stata la prima a varare una legislazione regionale volta a ridurre le emissioni inquinanti, sia attraverso l’incentivazione per il rinnovo di auto, impianti di riscaldamento e per il risparmio energetico, sia attraverso la realizzazione di infrastrutture e misure di sostegno al trasporto pubblico.Eppure tutto ciò non basta a rientrare nei limiti di legge, almeno per le polveri sottili, l’inquinante che più preoccupa l’opinione pubblica: una direttiva europea prevede un limite annuo di 40 microgrammi al metro cubo, e un limite giornaliero di 50 microgrammi da non superare per più di 35 giorni. Non solo Milano, ma anche Torino, Venezia, Verona - per stare solo al Bacino Padano - sforano abbondantemente (e bisognerebbe anche aggiungere che tutte le maggiori città italiane hanno livelli analoghi). «Il problema è che l’Unione Europea ha stabilito dei limiti ma senza guardare alla specificità delle diverse aree», dice Andrea Drago. «Il Bacino Padano - gli fa eco Silvano Ravera - deve essere trattato come una zona speciale». Non si tratta di elevare i limiti, ma di «incentivare le misure che aiutano ad abbattere l’inquinamento atmosferico», invece di minacciare sanzioni. Le possibilità di intervento sono diverse, a cominciare da ciò che ha già dimostrato di funzionare. «Gli incentivi all’acquisto di nuove auto  - dice ad esempio Silvano Ravera - sono visti oggi come misura di sostegno all’industria, ma bisognerebbe cambiare la prospettiva e vederli finalizzati a combattere l’inquinamento». O anche «come in Germania, vietare il transito ai camion vecchi - aggiunge Andrea Drago -; non dimentichiamo che ognuno di questi mezzi inquina come 2-300 vetture private». Allo stesso modo, prosegue Drago,  si può intervenire sulle abitazioni «imponendo per le nuove costruzioni una vera coibentazione, che oggi viene fatta ma in modo parziale; così come imporre un cappotto esterno al fabbricato. Sono soluzioni tecnologiche oggi possibili che permetterebbero un risparmio energetico notevole. Il problema è che si tratta di soluzioni che hanno un costo, ed è per questo che c’è bisogno di incentivi».
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