«Togliere qualche privilegio ai banchieri per restituire qualche diritto ai cittadini è sacrosanto e tutti ne beneficeranno». Affida ancora una volta il suo pensiero a Facebook il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio per difendere l’operato del governo. Ieri in riferimento alla manovra aveva parlato di tagli alle agevolazioni delle banche: «Ne hanno ricevute fin troppe in questi anni, adesso cominceranno ad averne meno». Il taglio delle agevolazioni alle banche è uno dei cavalli di battaglia dei Cinquestelle. Misura speculare ai rimborsi ai risparmiatori truffati a cui è stato destinato un fondo da 1,5 miliardi. Con la manovra «avvertiamo l’obbligo morale, prima che politico, di dare risposte a queste persone che per lungo tempo sono rimaste inascoltate» ha detto il premier Giuseppe Conte. Allo studio ci sarebbe, per colmare gli eventuali mancati introiti e mantenere entro il 2,4% il rapporto deficit-Pil, un taglio lineare delle detrazioni fiscali esistenti (oggi sono 466 e pesano 54 miliardi) dal 100% all’86%.
Una misura che funzionerebbe come «clausola di salvaguardia» (insieme alla svalutazione dei crediti in bilancio del nuovo principio contabile Ifrs 9) alternativa all’aumento automatico dell’Iva. Il ricavato massimo di questi ipotetici tagli sarebbe di 5,4 miliari l’anno. Tra le detrazioni quella sui mutui relativi all’abitazione principale riguarda circa 3,8 milioni di italiani e potrebbe portare ad un risparmio per lo Stato di un miliardo l’anno. Le modalità di applicazione sono ancora sconosciute: di certo si tratta di un tema caldo perché metterebbe direttamente le mani nelle tasche degli italiani. Le parole di Di Maio hanno sollevato una levata di scudi. L’ipotesi di un taglio della detraibilità degli interessi passivi per la banche «è una misura contraria ai principi della Costituzione: inciderebbe sul costo del credito e creerebbe una disparità competitiva con banche soggette alle stesse regole fiscali. Si determinerebbe una asimmetria» ha detto il dg dell’Abi Giovanni Sabatini. Critiche anche dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. «È evidente che se si aumenta la tassazione sulle banche non mi sembra una flat tax per le imprese: le banche sono imprese bancarie» quindi la tassazione in più sarebbe un intervento che «potrebbe potenzialmente essere un problema ». Sul piede di guerra i sindacati che con una nota congiunta, firmata da Fabi, First-Cisl, Cgil- Fisac, Uilca e Unisin attaccano: «Nessuno pensi di scaricare il costo dello spread sul Paese e il taglio eventuale della deducibilità degli interessi passivi sui lavoratori del credito che in questi anni hanno già pagato pesanti sacrifici in termini di riduzioni dell’occupazione e di peggioramento delle condizioni di lavoro».